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Archivio Io Suono Italiano ?     archivio dal tango alla musica caraibica

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
16-08-2007
Sono arrivato a Belem al mattino presto, ho telefonato al contatto che avevo, ma avrei dovuto aspettare diverse ore prima di poterlo incontrare. Poco male! Una delle attrazioni principali della città capitale del Pará è il suo mercato Vero Peso, conosciuto come il miglior mercato del Brasile. Al mattino arrivano al porto i battelli carichi di pesci dai nomi e dalle forme stranissimi e centinaia di facchini portano diverse casse in equilibrio sulla testa. Uno spettacolo unico. Una immensa distesa di bancherelle dove è possibile trovare di tutto, addirittura amuleti afro brasiliani e filtri d´amore. Poi lo spazio dedicato alla gastronomia amazzonica. Qui tutto ha un sapore ed un nome esotico e la varietà di frutti colorati e tropicali provenienti dall´Amazzonia è vastissima. Belem sembra essere la città sulla quale il Rio delle Amazzoni scarica tutta l´energia, i colori, i profumi e i misteri della foresta più famosa al mondo, prima di diventare acqua salata.
Stanco delle grandi città, del rumore, del traffico, della folla, dello smog, ho deciso di prendermi dei giorni liberi (anche dal progetto) per ritirarmi in un posto aperto e distante da tutto.
Ho lasciato così la grande Belem per visitare la Ilha di Marajó, un immenso pezzo di terra grande come più paesi d´Europa ma con solo 90.000 abitanti sparsi in un territorio selvaggio e ancora vergine. L´isola bagnata dal Rio Pará, il Rio delle Mazzoni e dall´Oceano Atlantico è un vero paradiso terrestre. L´amico Arthur (il contatto diretto di Belem) mi consiglia di visitare la città di Cachueira do Arari, situata nel bel mezzo dell´isola. Io mi fido, e dopo un´ora di bus, tre ore di barca e due ore e mezzo di jeep arrivo, tra incredibili paesaggi popolati da mandrie di bufali, nel bel paesino. La città è formata da case in legno costruite su palafitte. Nell´isola di Marajó infatti piove per sei mesi all´anno ed il paesaggio estrememante secco che ho incontrato io, si trasforma in una immensa palude. In inverno gli abitanti di Cachueira si muovono in minuscole imbarcazioni.
Oltre al suo incredibile fascino, il paesino possiede un bellissimo museo interattivo http://www.museudomarajo.com.br/ "É il primo museo al mondo dove per conoscere qualcosa è necessario toccarlo" mi spiega il direttore Antonio Smith. Il museo è stato fondato da un connazionale italiano, Giovanni Gallo, un gesuita che dopo aver fatto missioni in moltissime zone del mondo si è sistemato proprio qui a Cachueira. Purtroppo è mancato quattro anni fa. La sua tomba è situata qui dietro al museo. Non basta una giornata per visitare il museo, dove sono custoditi reperti e segreti degli indios marajensi e della fauna e flora locali. Per scoprirli bisogna azionare ingegniosi meccanismi in legno, aprire porticine di bacheche, leggere aneddoti e curiosità su targhe in legno che piovono dal soffitto... davvero divertente. Conoscere il direttore è stata una vera fortuna: oltre ad avermi fatto da cicerone mi ha dato un passaggio per Salvaterra (città attrezzata turisticamente). Cachueira infatti non è attrezzata per l´ospitalità dei visitatori, non ha mezzi di trasporto (arrivarci è stato complicato e non c´era modo di tornare indietro) sembra essere abbandonata a se stessa. Un vero peccato perché una città cosí affascinante con un museo così particolare, andrebbe senza dubbio valorizzata.
Parlo ad Antonio e ad altre persone del progetto; in poco tempo la voce si sparge e poco prima di partire per Salvaterra appare Miquéios, presidente del gruppo di folclore di Cachueira, e mi invita a visitare il gruppo. Il giorno dopo mi alzo così di buon ora, nolleggio una moto, dimentico le belle spiagge di Marajó, e corro su due ruote per le strade rosse che portano al Carimbó di Cachueira. Un viaggio incredibile su 100 km di strada rossa che taglia una interminabile prateria di erba e acqua con bufali ruminanti che guardano diffidanti il mio avanzare.
 
Arrivo a Cachueira in tre ore e ad attendermi c´è Miquéios. Andiamo a pranzare in un ristorante che è la casa di una signora simpaticissima. Le chiedo se posso lavarmi le mani, ma lei mi risponde che l´acqua qui arriva al rubinetto solo tre volte al giorno per due ore e che adesso non è orario di acqua! Le chiedo se è nata Cachueira e se le piace vivere qui. Senza nessuna traccia di dubbio mi risponde che qui sta bene e le piace. Mangiamo maniçoba, la cosa più strana che mi sia capitato di mangiare: è una zuppa fatta con diversi tipi di carne cucinati assieme ad una erba (mani), che deve cuocere per una settimana intera, altrimenti sprigiona un potente veleno; poi uno strano pesce di fiume, del quale non ricordo il nome, con delle squame molto grosse e la carne gialla; poi Açai, una semibevanda dal colore viola quasi nero che deriva da un frutto amazzonico (açai) grande come una ciliegia: dal gusto indescrivibile, si beve/mangia mischiato con dello zucchero o della farina di manioca, o al naturale con dei gamberetti essicati al sole con il sale. Qui si trova dappertutto e io ormai non riesco più a farne a meno. 
Durante lo strano quanto gustoso pasto arriva Antonio Carlos Madureura, un maestro di carimbó e musica regionale. É nato qui a Cachoeira, da 30 anni è impegnato in progetti culturali, è compositore e autore. Facciamo una passeggiata e Miquéios mi porta a fotografare gli angoli più suggestivi della città, raccontandomi un po' della vita invernale: tutto quello che sto vedendo e la terra dove sto camminando, tra qualche mese saranno sommersi dall´acqua del Rio, che crescerà alimentato dalle pioggie interrotte. Carlos mi racconta che agli indigeni piaceva paragonare l´isola di Marajó a una tartaruga che per un periodo sta immersa nell´oceano e un altro emerge per prendere un po´ di sole. Io osservo in silenzio e provo ad immaginare una vita in questi posti lontani da ogni mia abitudine e lontani dallo stesso Brasile che ho visitato fin ora. 
 
Alle tre è stato fissato un ensajo (prova) con il gruppo folklorico. Si farà in una baracca di legno con dentro una signora che cuce a macchina. Cominciano ad arrivare i componenti del gruppo. Sono tutti bambini con occhi scurissimi e sorrisi bianchissimi. Non sono per nulla timidi e si divertono a farsi scattare foto e poi a ridere della propria immagine ritratta sul display della mia macchinetta fotografica, che temo non durerà ancora molto.
Due ragazzi siedono sugli abatoques o carimbó, gli strumenti tipici ed essenziali del genere carimbó. Sono due grossi tamburi di dimensioni diverse, di origine africana costruiti su due tronchi svuotati e chiusi con una pezza di cuoio. Nel piano superiore della casupola c´è un vero deposito di costumi tipici dell´isola. In breve tempo il gruppo è pronto per la esibizione e per ... la sfilata. Se prima di vestirsi i ragazzi si divertivano a farsi immortalare dall´obiettivo fotografico, figuriamoci adesso. Parte la musica sotto la direzione della voce del maestro Carlos Madureira, che canta pezzi propri e tradizionali dell´isola di Marajó, spiegandomi prima e dopo significato e senso del testo. Oltre ai musicisti, il corpo di ballo scatenato esegue delle coreografie elaborate da Miquéios molto suggestive. Pur essendo molto giovani i ballerini sono davvero molto bravi.
 
Sinceramente non mi sarei mai aspettato uno spettacolo così vivace fatto solo per l´occasione della mia visita. Purtroppo era da molto tempo che poter documentare la musica ed il ballo tradizionali risultava molto difficile per le ragioni che ho spiegato nel post precedente (vedi post Bumba me Boi). Carlos mi dice che per lui quello che sto facendo è una forma di divulgazione e promozione dell sua arte, perciò è ben contento di farlo. Miquéios mi dice che il suo gruppo folcorico formato nel 2006  ha l´obiettivo di "Mostrare la cultura marajoara che è la´attrazione principale di Cachueria do Arari"
Durante lo spettacolo, fuori cade un diluvio ed io temo di dover mettere dei salvagenti al posto delle ruote della mia moto. Fortunatamente dura pochi minuti ed il temporale si lascia alle spalle una luce ed un cielo che rendono ancora più magico questo posto lunare.  
Il pezzo che metto qui sotto è un Carimbó intitolato Timbó, di Antonio Carlos Madureira.
Il Carimbó è un genere che ha origini indigene, africane e portoghesi. Il termine carimbó deriva dall´idioma indigeno TupinambáCuri (legno) e m´bó (scavato) che era il nome di due tamburi. L´ossatura di questo genere sembra essere perciò indigena. Con l´avvento della colonizzazione il carimbó cominciò ad assorbire influenze delle culture africane e portoghesi. I due strumenti principali e basici del Carimbó arrivano infatti dall´Africa, sono gli abatoque che ho descritto sopra. L´influenza portoghese invece si può ritrovare nella danza, che presenta alcuni movimenti simili ad altre danze tipicamenti portoghesi
Il brano è qui suonato con abatoques, maracas e ganzá. Solitamente sono anche altri gli strumenti di base del carimbó, ossia benjo, pandeiro e flauto. La danza (molto affascinate) è di coppia, e usa costumi dei quali colori e tagli variano a seconda della località. Oggi sono stati introdotti anche strumenti moderni ed elettrici, e il carimbó ha risentito delle influenze di generi come merenghe, cumbia, calipso... perdendo così la sua matrice originale.  
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13-08-2007
Sao Luis grande isola del nordeste brasiliano situta nello stato di Maranhao; ultima tappa prima di entrare in zona amazzonica. L'idea di cambiare radicalmente denominazione e posizione geografica mi attira molto. Il nordeste brasiliano (quella zona formata da nove stati allineati lungo 3500 km di costa: maranhao, Piaiui', Ceara', Rio Grande do Norte, Paraiba, Pernambuco, Alagoas, Sergipe e Bahia) pur avendomi donato forti emozioni ed esperienze soprattutto a livello umano, ha rappresentato per ora, la parte più difficile del viaggio, anzi, del progetto. In questa zona infatti è stata assai complicata la comunicazione con musici e artisti locali che molte volte hanno diffidato dell'iniziativa, recependola come una sorta di "furto" di cultura popolare a fini di lucro.

L'accrescimento di interesse nei confronti della musica popolare latino americana avvenuto solo di recente, ha procurao uno sfruttamento talvolta non proprio onesto di queste culture. Sono molti infatti i visitatori stranieri che si sono arricchiti divulgando le immagini o le musiche "esotiche" di questi popoli senza chiedere autorizzazioni o permessi e senza dare in cambio alcuna ricompensa, ma lasciando che il frutto della propria ricchezza continuasse a vivere nella sua irrimediabile misera poverta'.

Questo fatto ha provocato un notevole irrigidimento e chiusura nei confronti dello straniero che mi ha causato non poche difficoltà.
Sao Luis mi ha accolto con una inaspettata attività musicale. L'eterna estate di questo paese viene celebrata quotidianamente con una programmazione musicale veramente ricca. Durante la mia breve permanenza di poco più che una settimana ho potuto assistere ad almeno 10 eventi al giorno con musiche allegre, ritmi scatenati e costumi da carnevale di Rio. Devo dire che il popolo maranhense si è rivelato essere tra i più allegri, sorridenti e festaioli tra quelli incontrati nel nordeste. Tra i numerosi generi tradizionali di questa splendida isola scriverò qui solo del "Bumba meu Boi", una festa popolare che mi ha trascinato nella sua euforia per due giorni interi.
Bumba meu Boi, o più semplicemente Boi, è una sorta di commedia popolare tragicosatirica che inscena personaggi animali, umani, fantastici tra le vie della città. Il tutto gira attorno alla storia di un bue che viene rubato e ucciso da Pai Chico (un trabalhador de fazenda) perché sua moglie Catirina gravida, ha voglia di mangiare lingua di bue. Pai Chico viene però scoperto dai vaqueros e dagli indigeni mandati dal fazendero. Il Bue viene così fatto resuscitare dai paje's e Pai Chico, visto il movente del delitto, viene perdonato e si fa così una grande festa che si conclude comunque con l'uccisione del bue e l'offerta del suo sangue ai partecipanti. Ovviamente tutto è finto e simulato: il bue è una struttura di legno decorato vivacemente con della stoffa colorata e brillantata, ed il sangue offerto è in realtà vino. Questa è la storia "ufficiale" del Bumba meu boi, ma ogni città ha la sua personalizzata: a volte il bue rimane solo ferito, Catirina desidera mangiare il cuore, i personaggi sono diversi. Il comun denominatore e la parte più importante della festa sembra essere comunque la morte finale del bue.
Durante i giorni di festa del rituale, per le strade della città si sentono spesso espressioni di questo tipo: Quando muore il bue? Vamos a matar o bue? Dove uccidono il bue? Tutto il paese è coinvolto nei festeggiamenti e ne parla.
Anche in questo caso il Boi è una festa molto antica che ha origini portoghesi, africane ed indigene. Esistono differenti tipi (sotaques) di boi: da ilha, de orquestra, baixada... quello a cui ho partecipato io attivamente è il boi de matraca, chiamato così perché i partecipanti usano uno strumento di origine indigeno formato da due blocchi di legno che si percuotono insieme chiamati appunto matracas. Inoltre il boi è suddiviso per quartiere o per scuola con costmi e danze differenti. Quello a cui ho partecipato io è il Boi di Santa Fè.
I festeggiamenti cominciano in una zona della città, in questo caso in un edificio chimato "Conventu" sede di gran parte degli eventi culturali di Sao Luis. Qui si esibiscono e si presentano tutti i personaggi del Boi. Questa è (almeno qui a Sao Luis) la parte destinata ai turisti, presentata sopra un grande palco e sotto la luce di grandi riflettori. La parte più popolare della festa, viene dopo, quando il gruppo di musici e ballerini (almeno una cinquantina tra vecchi, adulti e bambini) e dei pochi coraggiosi, si sposta con l'ausilio di due omnibus in varie zone della città. Sono più o meno le due della notte e la tradizione vuole che si vada a fare festa davanti alla casa del patrocinatore del Boi, che in questo caso è un privato che ha finanziato un Boi per pagare una promessa a qualche santo (Sao Joao, Sao Pedro, Sao Marcal solitamente). Da queste parti capita spesso infatti, che le preghiere fatte ai santi vengano "ricompensate" facendo una festa pubblica con Bumba meu Boi, Tambor di crioula, tambor di mina.. (altri generi tradizionali). Ha quindi inizio qui davanti alla casa del patrocinatore, che offre litri di cashaça e tonnellate di dolci, la vera festa del boi, dove musici e ballerini si esibiscono solo per amore del proprio popolo e della propria cultura. Per almeno due ore si canta e si danza senza sosta. E' paraddossale lo sfarzo e l'eleganza dei costumi e dei movimenti dei ballerini che sfilano tra le strade buie e sporche dei quartieri poveri e desolati di Sao Luis.

...CONTINUA...

Quando non so come si decide che si e' sfilato abbastanza, il gruppo sale nuovamente sui mezzi per andare in un'altra zona della citta'. Questa volta la destinazione sara' la casa di un vecchio maestro di tambor de crioula molto conosciuto a Sao Luis chiamato Mestre Filipe che e' ammalato. Questo il modo di rendere omaggio e augurare una pronta guarigione ad un personaggio importante della comunita' . Sono piu' o meno le cinque del mattino. Durante il breve tragitto, molti musicisti si riposano e qualcuno riesce pure a dormire, altri continuano a suonare e cantare. Gruppetti di bambini si divertono ad urlare alle macchine che sorpassano il mezzo, donne che cantano, vecchie canzoni, ballerini che ne approfittano per alleggerirsi la testa togliendosi il grande e pesante ornamento che fa parte del costume. La festa continua anche sul bus. Io che sono l'unico straniero osservo e ammiro tra i vari sorrisi e sguardi incuriositi, la dedizione e la resistenza dei partecipanti a questo rituale e mi chiedo da dove arrivi tutta questa energia. Piu' tardi Saphira, una amica di Sao Luis mi spieghera' che si tratta di "amore per i santi". Sono molti infatti gli ornamenti che riportano figure di santi e patroni nei costumi sfarzosi dei personaggi della festa. Da queste parti e' molto labile ed indefinito il confine tra sacro e profano. Le due cose viaggiano spesso all'unisono e una manifestazione religiosa, acquista cosi' una atmosfera di festa e trasgressione che all'occhio di un occidentale puo' sembrare strana.

Alle sette e mezza il sole fa gia' sentire il calore dei suoi raggi e a me che mi e' stato assegnato il compito di suonare la onça (uno strumento che genera un suono simile al verso del bue per strofinamento di un panno bagnato in una asticella di metallo situata all'interno di un tamburo) duole il braccio e sono stanchissimo, ma felice di aver fatto parte attivamente a questo rituale e di esser stato accolto tra la grande famiglia di Santa fe'.

Decido cosi' di alzare bandiera bianca e ritirarmi nel mio comodo letto. Loro andranno avanti fino alle 9 del mattino, poi ci sara' una pausa di qualche ora per riprendere i festeggiamenti alle 4 del pomeriggio ed iniziare cosi' finalmente il rituale della morte del Boi, la parte piu' importante della festa.

Alle sei di sera quando arrivo, la processione e' gia' attiva da tempo. Il centro della fasta dove si stanno facendo i preparativi per l'uccisione del boi e' il quartiere di Fatima. Qui gli abitanti del povero bairro hanno gia' disposto file di sedie dove i primi arrivati si aggiudicheranno i posti migliori. Il gruppo di Santa Fe' pero' e' ancora distante da Fatima: e' cominciato infatti ora il rituale della ricerca del boi che si e' nascosto per fuggire alla morte. Il gruppo gira cosi' per la citta' suonando, cantando e danzando come i giorni scorsi alla ricerca del boi nascosto. Le canzoni chiamate Toadas hanno tutte una funzione particolare. Alcune servono per riunire il gruppo, altre per avvisare il padrone della casa dove si va a festeggiare dell'arrivo del gruppo, altre per ringraziare santi, patroni, personalita' importanti della citta', altre sono molto ironiche e scherzose e chi piu' ne ha piu' ne metta. La musica e' un elemento fondamentale per la festa del Boi. il canto e' diretto da un solista e poi diventa collettivo e viene accompagnato da matracas, pandeiros (molto grandi e di origine araba), tambores-onça.

Quando finalmente il boi viene scovato, viene portato al bairro di Fatima dove tutti stanno aspettando (sono le nove di sera), viene eretto un albero interamente adornato di fiori e nastri colorati. Alla base dell'albero c'e' una damigiana di vino. Il gruppo si stringe continuando a cantare e danzare, il bue viene spinto ripetutamente in prossimita' dell'albero, vedo passare tra la folla una accetta. Il bue viene fatto fuori, il sangue viene offerto a tutti i partecipanti. In teoria il rituale ora e' concluso e la festa dovrebbe terminare, ma si va avanti a ballare e cantare fino a notte fonda.


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11-08-2007
Altro appuntamento degno di nota quello con la grandissima (in tutti i sensi) Lia De Itamaracá.
Una nera di un metro e ottanta sorriso grandissimo, capelli arruffati e cantora di Ciranda.
Sono andato a trovarla nella sua isola, la Ihla di Itamaracá per l´appunto. In realtá l´isola non é sua, ma é usanza brasiliana identificare l´artista piú famoso della zona con il nome de suo paese. L´isola di sabbia bianca, palme di cocco e mare turchese é una vero paradiso ed una pericolosa tentazione. Sulla riva del mare sono molte le posadas in vendita per chi avesse voglia di mollare tutto e ricominciare in un posto esotico. Oltre a queste c´é anche il palco personale di Lia dove nelle sere d´estate (haimé sono arrivato troppo presto) si esibisce per i turisti e per gli abitanti dell´isola.
Lia é nata qui, dice che per nulla al mondo lascerebbe questo posto. Diversamente da tutte le "donne di musica" che ho incotrato durante il mio cammino, Lia non ha imparato a cantare dai suoi genitori, ma da sola, per la rua di Itamaracá ascoltando quelli che la Ciranda l´anno creata: pescatori, lavoratori rurali, venditori ambulanti, semplici abitanti dell´isola. 
Lia é sicuramente la cirandera piú conosciuta qui a Pernambucco. Canta da quando aveva 12 anni e ha inciso il suo primo disco a 18 anni. Poi una carriera in continua ascesa che l´ha portata ad esibirsi in tutta l´America latina e in Europa. Ad accompagnarla il suo produttore, il grande Beto Hees, che molto mi ha aiutato durante la mia permanenza a Olinda. Beto ora sta organizzando un festival dell´estate di Itamaracá (a partire da settembre) e promette grandi spettacoli di musica popolare e non solo. La carriera di artista non ha comunque compromesso l´altra professione di Lia. É infatti merandera alla scuola primaria di Itamaracá. Dice di amare questo lavoro e di voler continuare a farlo. A scuola Lia ha la possibilitá di insegnare ai bambini la Ciranda e permettere cosí il mantenimento e la valorizzazione di questo genere musicale. Dice Lia: "La Ciranda é per tutti, vecchi e bambini, bianchi neri, ricchi e poveri, non ha preconcetti, l´importante é divertirsi, venite all´isola per credere".
Il pezzo che metto qui sotto é una Ciranda intitolata "Eu sou Lia" (io sono Lia).
La ciranda é comunemente una canto e una danza eseguiti in cerchio di bambini, una specie di girotondo. Nello stato di Pernambuco e nel nordeste brasiliano in generale é conosciuta come una danza di roda di adulti. Ma la Ciranda come dice Lia non ha preconcetti e accoglie al suo interno differenti fasce d´etá. Anticamente i musicisti di ciranda si esibivano all´interno della roda (cerchio), ma ora per necessitá di far spazio alla tecnologia i cirandoros si esibiscono su un palco. Quello di Lia è peró un palco rotondo e nel mezzo della spiaggia, che permette perció alla roda di danzatori di girargli intorno. Gli strumenti principali della Ciranda sono: ganzá, bombo e caixa. Il genere é molto simile al samba di coco (vedi posto: riassunto pernabucano II), dove il maestro cirandero (in questo caso Lia) che ha il compito di "tirar a cantigas"  ossia, di lanciare il verso della ciranda ed improvvisare versi. Anche in questo caso i versi sono mescolati tra dominio pubblico e originali. La danza é molto semplice, ma non esiste uno specifito tipo di danza. Comunemente si forma un cerchio e si fanno quattro passi a destra cominciando con il piede sinistro eseguendo poi un movimento collettivo di mani verso l´alto e il basso. Il numero dei partecipanti alla roda é ovviamente variabile e quando il cerchio diventa troppo grande si spezza e se ne formano due che girano in senso contrario. La coreografia é cosí molto piú spettacolare. I testi parlano della vita rurale, di pesca, dell´isola, del mare e ovviamente dell´amore.
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02-08-2007
Altro appuntamento importante ed imperdibile nella bella Olinda di Pernambucco è stato quello con la legendaria Ana Lucia, 63 anni ed energia da vendere, Ana Lucia è cantora e ballerina di Samba de coco. Vive in un quartiere tanto povero quanto bello chiamato Amaro Branco. Sono andato a farle visita direttamente nella sua casa e durante una passeggiata tra le stradine di questo suggestivo bairro, Ana Lucia mi ha spiegato aneddoti e curiosità di questo genere così solare. Amaro Branco è un bairro vissuto da molte coqueiras. Sono tutte donne più o meno anziane in continua competizione fra loro, che si disputano il trono per la miglior coquiera. Passando del tempo con una si sente parlar male dell´altra, oppure si creano delle piccole coalizioni contro una sola coquiera. Ne ho sentite dire e raccontare di tutti i colori, il tutto comunque senza troppa cattiveria e con una ingenua simpatia, che non può fare a meno di far sorridere.
Ana Lucia canta da quando aveva 13 anni, mi dice che i canti del coco si tramandano di famiglia in famiglia per generazioni, ma poi, con il passare del tempo, i versi vengono personalizzati, così non si capisce più se il canto è di dominio pubblico o di un autore nuovo. Questo argomento in Brasile è veramente complesso e mi ha creato non poche difficoltà, a causa dei cosiddetti "diritti autoriali". il termine "folklore", che ad esempio in Argentina è ben chiaro, qui è molto equivocato e talvolta risulta essere un termine offensivo. In Brasile si parla di "Cultura popolare" che però nessuno sa con esattezza spiegarmi cosa significhi, quale sia il suo rapporto con il diritto d´autore e quale sia la differenza dal folklore.
Succede che i versi del coquiere sono nuovi, personalizzati e addirittura improvvisati, mentre il refren, ossia la risposta del coro, sia un verso conosciuto da tutte le generazioni. Racconta Anna: "Un tempo nessuno dava volore al coco, perché era considerata una musica da poveri e per la classe bassa, Coco e Maracatú erano per i negri. Nessuno pagava per il Coco e tutti lo facevano per amor di Giovanni Battista". Scopro così l´aspetto religioso di questo genere. Ana mi racconta che a giugno si celebrano i festeggiamenti più importanti di coco (ahimè sono arrivato in ritardo) tra i quali il più importante è quello per festeggiare San Giovanni Battista. In passato nella mezzanotte del giorno di festa, si faceva una processione per l´appunto "a suon di coco", fino al Rio della città, e qui poi si accendeva un grande fuoco e si faceva il bagno per celebrare il momento del battesimo di Gesù Cristo sul Giordano. Oggi, siccome l´acqua del Rio è sporca, gli abitanti di Olinda preferiscono festeggiare tra le vie della città. Deve essere sicuramente uno spettacolo emozionante, anche perché i costumi utilizzati per il ballo sono molto graziosi e colorati, e la festa ha qui un peso importante. Il coco viene utilizzato anche per omaggiare gli Orixa del Candomblé (vedi post: Magia di bahia).
Durante la passeggiata Ana mi mostra tutte le casupole dove un tempo si andava a "sambar o coco" e con un po´ di nostalgia parla del suo bel barrio, quando ancora era tranquillo e privo di violenza.
La canzone che metto qui sotto si intitola "Um Homo do imperio", è un Samba de Coco cantato da Ana Lucia e parte del suo gruppo.
Il Samba de coco o più semplicemente Coco è una danza accompagnata da un canto che ha principalmente origini africane, ma anche indigene. La sua origine è strettamente legata alla formazione dei Quilombos di cui accennavo sopra. È qui infatti che gli schiavi africani fuggiti usavano canti di lavoro durante il taglio del cocco. Il nome quindi dovrebbe arrivare da qui, anche se ho sentito raccontare storie che dicono che il nome derivi dal tempo in cui questo genere veniva suonato con il cocco. Quest´ultima versione sembra però essere la più fantasiosa e la meno accreditata. L'influenza indigena che invece è minore, deriva dal fatto che solitamente quando gli schiavi africani si ritiravano nei Quilombos dell´entroterra brasiliano, entravano in contatto con gli indigeni della zona e mischiavano così le culture. Vera (l´indigena che ha accompagnato l´avventura nell´aldeia della comunitá Fulniô, vedi post: Il cuore della musica), mi spiega infatti che il Samba di Coco è utilizzato anche nel misterioso rituale Cuiruri. In questo caso lei parla di un tipo di Coco puro, cioè senza influenze africane. Ma non avendo avuto modo di vederlo, non posso raccontarlo. Sta di fatto che il Samba di Coco che può sembrare superficialmente una canzone da spiaggia, racchiude in sé una storia e una tradizione molto importanti e la sua musica è usata anche in ambito religioso. Gli strumenti usati in questa registrazione sono Ganzá, pandeiro, bombo. Ana Lucia dice che sono gli strumenti essenziali e caratteristici per suonare il coco. "Una volta si usava solo la voce senza amplificazione e quindi non si potevano aggiungere troppi strumenti, altrimenti la voce non si sentiva più". Oggi invece le formazioni di coco possono usare diversi altri strumenti come cuícas, tambores, chocalhos, maracas, zambumbas... La Coqueira, chiamata anche a tiradora de coco, in questo caso Ana Lucia, è la solista che lancia il verso tradizionale o improvvisato, che avrà poi risposta dal coro di musici e ballerini insieme. Il ballo è un tipo di samba. L´uso delle mani e dei piedi è molto importante e spesso si usano scarpe di legno per marcare il suono del piede sul pavimento.
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28-07-2007
Per non deludere nessuno e rendere omaggio a tutti, farò una panoramica su tutto quello che ho avuto modo di conoscere nel grande stato di Pernambuco.
Nella bella città di Olinda (vedi post: Olinda che linda), ho avuto finalmente l´occasione di documentare, senza che nessuno mi chiedesse denaro in cambio, la tanto praticata Capoeira. Si dice che il fulcro di questa arte sia Bahia, ma purtoppo Salvador de Bahia ultimamente fa di tutto un mercato, perciò non è stato per nulla facile durante il mio soggiorno in questa capitale, recuperare materiale per il progetto. A Olinda invece sono addirittura stato invitato a partecipare ad una roda de Capoeira nella sede del Rotary Club dove per l´occasione si sono riuniti tutti i più bravi maestri del genere e della zona. Ad accogliermi e a spiegarmi le caratteristiche di questa arte, e in questo caso di questa scuola, è Mestre Carinhoso. Sulla Capoeira ci sarebbe da parlare molto, in internet si possono trovare tonnellate di materiale, foto e filmati. Quella a cui ho assistito io però è una Capoeira speciale che ha lo scopo di salvare i ragazzi dalla strada e dai pericoli delle favelas, indirizzandoli ad uno sport che insieme è un´arte e permettere loro di apprendere questa tecnica che un giorno potrebbe diventare un lavoro e procurargli un dignitoso futuro. Carinhoso mi spiega che qui i ragazzi non pagano una iscrizione, il corso è interamente gratuito e patrocinato da un organo pubblico. I maestri parlano della fortuna e dell´importanza di questa possibilità che loro non hanno avuto. Ho assistito a più di un allenamento e devo dire che la qualità dell´insegnamento e la disciplina dei ragazzi è veramente alta. Anche i più piccoli si muovono rapidamente e sferrano colpi micidiali tra acrobazie pericolose.
La Capoerira (pronuncia capuera) è una tecnica di combattimento che ha le sembianze di una danza. E' uno sport artistico che include musica, canto, danza, e lotta allo stesso tempo. La bravura dei capoeristi è misurata non tanto dalla potenza dei colpi, quanto dall´armonia dei movimenti. I capoeristi formano un cerchio (la roda) all´interno del quale due concorrenti alla volta si sfidano lanciandosi abili colpi che -solitamente- non toccano l´avversario. I movimenti di questa affascinante lotta danzata sono ritmati dalla vibrazione della corda del berimbau, strumeno tipico e preincipale di questa forma d´arte (vedi la sezione foto: strumenti) e da altri strumenti a percussione come pandeiro, atabaque, agogo, caxixi. Anche in questo caso il genere arriva direttamente dall´Africa. Le sue origini risalgono alla fine del XVIII sec. ma sono incerte e molte sono le teorie a riguardo. La più accreditata è quella che dice che in passato la Capoeira era una forma per gli schiavi di manifestare il loro desiderio di rivolta mascherandolo in questo modo. Altre origini parlano della Capoeira come forma di combattimento nato nei Quilombos, che sono quei luoghi normalmente situati nell´entroterrra del Brasile, dove gli schiavi che riuscivano a fuggire si riunivano formando delle comunità organizzate che incutevano terrore agli schiavisti. I Quilombos rappresentano per la musica brasiliana un elemento importantissimo. E' da questi luoghi infatti che si sono formate le cellule principali di numerosi generi musicali che oggi rappresentano la cultura popolare brasiliana. Oggi i Quilombos sono dei centri culturali dove si preserva la cultura artistica africana. Io e Elaine ne abbiamo visitato uno a Castainho all´interno di Pernambuco; esperienza molto interessante che mi ha fatto capire che se non ci fosse stata la sciavitù tutta questa musica non esisterebbe.  
La Capoeria fu proibita per molto tempo, quando nel 1932 il grande maestro Manuel Dos Reis Machado, più facilmente chimato Bimba, ebbe l´occasione di ufficializzarlo come sport nazionale brasiliano. Da quell´epoca esistono due tipi di capoeira: Regionale e Angola (Joaquin Ferreira Vincente piú facilmente chiamato Pastinha, fu il pioniere di quest´ultimo genere) che posseggono differenti ritmi, canti, movimenti, stili. Questo un quadro velocissimo e generico su questa forma d´arte che è forse la più praticata nel nordeste brasiliano. La Capoerira si incontra dappertutto: nelle piazze, sulle spiagge, nelle scuole, per le strade. Nel mio viaggio in Brasile ho conosciuto moltissimi capoeristi e ho assistito a diverse rodas talvolta veramente spettacolari. Ho scoperto molti "segreti del mestiere" ma soprattutto ho capito che la Capoeira più che uno sport è una filosofia che include tradizione, disciplina, stile, rispetto, forma fisica.  
Il video che metto qui sotto è una fase della roda organizzata dal "Grupo de capoeira regional Chute na lua" di Olinda. Si tratta della forma Regionale che rispetto quella Angola è più veloce e "acrobatica". Buona visione!

CONTINUA...

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20-07-2007
Olinda è una piccola città dello stato di Pernambuco. E' senza dubbio uno dei gioellini del Brasile, tanto che si pensa che il nome che porta (linda significa bella) derivi dall´esclamazione del capitano che l´ha scoperta: Oh que linda!! A pochi passi dalla grande e caotica capitale Recife, Olinda offre la tranquillità e l´atmosfera di un antico paesino di campagna. Con le sue ripide strade in pietra, la moltitudine di chiese barocche farcite di immense ricchezze, le casette coloniali color pastello e la sua musica, Olinda è stata nominata patrimonio culturale e artistico dall´UNESCO ed è considerata il centro culturale del Brasile. Senza dubbio una tappa obbligatoria per chi vuole assaporare il gusto dell´arte pernabuchiana! Qui mi aspettano appuntamenti molto interessanti.
Per ora una cosa curiosa e simpatica che ha accolto il mio arrivo: da Praça São Pedro ogni venerdi sera alle 21.30 parte una specie di processione... romantica. Il "Gruppo Serenata Luar de Olinda" dall´8 maggio 1987 scorrazza per le stradine di Olinda suonando sereste e serenate alla città intera. Il gruppo è composto da 17 musicisti muniti di percussioni, chitarre, fiati e piccoli amplificatori appesi alla cintura. A seguire il gruppo, una folta folla di cittadini, turisti e curiosi che cantano all´unisono i temi d´amore. Alexandre Alguiar de Oliveria, uno dei coordinatori e creatori del gruppo, mi spiega che l´iniziativa parte dalla decisione di chiudere la città al traffico che nel 1987 cominciava a diventare troppo invadente e rumoroso. A decisione presa però la città risultava troppo tranquilla! Ecco la soluzione: una specie di fanfara che si fa sentire da distante, arriva pian piano a riempire le case di musica e si allontana lasciando un dolce ricordo.   

Il pezzo qui sotto è una seresta suonata dal Gruppo Serenata Luar de Olinda. Si intitola "As Rosas Não Falam"; l´autore è Cartola.
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13-07-2007
Si dice che Bahia sia una terra magica; luogo di incontro di culture, religioni, antichi rituali e credenze provenienti da tutto il mondo. Per le strade di Salvador corre una percettibile energia carica di esotismo e misticismo che procura una certa scossa a chi ha la fortuna di percorrerle. Salvador, terra degli schiavi: trascinati qui per lavorare nei campi di canna da zucchero, sradicati dal loro habitat, costretti a una religione diversa e ad una vita sofferente. Salvador oggi è una “terra nera”, la città più africana del Brasile. Il trionfo di questa cultura è presente dappertutto, e sta in perfetto accordo ed equilibrio con quella portoghese; ci sono addirittura delle Chiese costruite dagli schiavi con santi neri, dove oggi si celebrano delle messe festose  con ritmi africani. Abbigliamento, cibi, feste, percussioni, musiche e ritmi che parlano e suonano africano.
 
Il paesaggio di Bahia è tropicale, qui mi sento veramente distante da casa e per la prima volta nel viaggio ho avuto una sensazione di breve solitudine. A Santo Amaro ho provato l´esperienza di essere l´unico bianco in mezzo ad un popolo di neri. Passeggiare per la strada e sentirsi osservato e considerato per il colore della pelle, per scoprire poi grazie ad un sorriso che osservazioni e considerazioni sono del tutto innoque e positive. Il popolo di Santo Amaro e di Bahia in generale è uno tra i più accoglienti allegri e vitali che abbia incontrato fin ora.

In questa atmosfera ho avuto la fortuna di partecipare ad un rituale di Candomblé. Grazie a Roberto Mendez (vedi post sotto) sono entrato in contatto con Pai Raimundo, che mi ha accolto nel suo “Centro do caboclo estrela guía” a Santo Amaro, spiegandomi tutto ciò che bisogna sapere su questo rituale e permettendomi di documentare tutta la cerimonia; una concessione molto rara.
Il Candomblé è una religione afrobrasiliana creata dai sacerdoti africani che venivano deportati in Brasile come schiavi e venivano convertiti dai missionari cattolici. Il modo per poter continuar a celebrare le proprie tradizioni religiose consisteva nel "celare" il nome degli Orixa (i miti africani) con quelli dei santi cattolici. Da tempo bandita dalla Chiesa cattolica è oggi professata liberamente e praticata da tutte le classi sociali, e i seguaci neri e bianchi sono milioni. Solo a Salvador è incalcolabile il numero dei templi (terreiros) dedicati al culto.
 
In internet e nelle biblioteche troverete moltissime informazioni su questo culto. Io racconterò l´esperienza che ho potuto vivere in prima persona in uno dei tanti terreiros di Santo Amaro. Ogni terreiro ha infatti le sua caratteristiche, i suoi rituali,il proprio patrono.. cosicché ogni esperienza rimane unica.
 
Il “Centro do caboclo estrela guía” sembra essare una casa come molte altre qui a Santo Amaro senonché al suo interno sono presenti chiari riferimenrti al culto del Candomblé: all´entrata è sistemata una statua di Santo Antonio, che è il patrono del centro e qui rappresenta l´orixa OGUM (divinità del ferro e della guerra). A sinistra c´è una stanza con all´interno solo un  tavolino con un bicchiere d´acqua (simbolo di naturalezza) e una candela (necessaria per concentrarsi). Qui si pratica il Jogo de Buzo: il Pai, con delle formule orali, getta sul tavolo una manciata di conchiglie e tramite la loro disposizione è in grado di decifrare informazioni sulla persona che chiede l´intervento degli spiriti e anche di conoscere quale Orixa rappresenta. Statue di legno nero rappresentano divinità africane; il soffitto della casa è fitto di festoni a bandierina che creano una atmosfera di festa di compleanno. C´è una stanza con una porta chiusa; qui solo in pochi possono entrare; è la stanza della "matanza" degli animali. Il Candomblé è una religine che prevede il sacrificio di animali (capre e galline) come offerta agli Orixa. Formule e rituali di questa fase sono segrete e vanno fatti prima della festa.
 
Pai Raimundo mi racconta di essersi avvicinato al Candomblé molti anni fa, quando non risciva a trovare rimedio ad un male. Tramite questo culto è guarito e dopo 7 anni di inizializzazione è diventato Pai Santo. Oggi si festeggerà il giorno di Caboclo, una entità brasiliana che dà il nome al terreiros. Pai Raimundo mi accompagna verso il centro del rituale, una veranda con delle sedie disposte ai lati e tre tamburi nel fondo; Sono gli atabaques, servono per chiamare gli Orixas tramite appositi ritmi. Gli atabaques sono diversi solo per la dimensione, ma la loro funzione è ben distinta: il più grande è chiamato Rum, Pai Raimundo dice che serve per guidare i passi della danza e chiama gli spiriti; il piú piccolo è che introduce la musica e chiama i fedeli a ballare, quello in mezzo Rumpi risponde e accompagna gli altri due. Una cosa mi stupisce: la stanza è piena di casse di birra che verrà poi offerta ai partecipanti prima e durante il rituale. Tainá e Anapaula, due amiche conosciute a Salvador, mi dicono che l´alcool serve per aumentare la percezione e la ricezione degli spiriti (Alcool/spirito). Mi dicono anche che durante il rituale solitamente non si potrebbe bere. Qui si può anche fumare.
 
Arrivano gli Alabês (i suonatori di atabaque) e prima della cerimonia Pai Raimundo chiede loro di suonare un inno a Caboclo "Salvaçao de Caboclo" per permettermi di registrarlo. Tra loro c´è una donna (Tainá mi dice che solitamente alle donne è proibito suonare); il più anziano mi dice che l´arte di suonare questi strumenti si tramanda di famiglia in famiglia. Esistono più di 100 Orixa e ognuno ha ritmi e canti differenti. Il modo di suonare senza bacchette suggerisce che si tratta di un Candomblé Angola.
 
Pian piano arrivano i partecipanti e si dà inizio alla festa. I canti iniziali servono per "scaldare l´aria" e procurare la giusta energia per ricevere gli Orixa. I fedeli conoscono tutti i canti, alcuni sono in portoghese, altri in africano. La festa si apre con Exu (entità che più si avvicina all´essere umano) poi si prosegue con i canti per Ogun fino ad arrivare a Oxalá. Solo dopo questo ciclo sarà il momento di invocare lo spirito di Caboclo e lasciare che si incorpori tra i fedeli. L´atmosfera è di festa e Pai Raimundo la conduce.  Tutti cantano e battono le mani ritmicamente con molta energia. I canti hanno una struttura ben precisa che tutti tranne me sembrano conoscere. Apparentemente sembra la confusione totale, ma abituando l´orecchio si cominciano a percepire le diverse pulsazioni dei tamburi e la loro funzione nel rituale. Tainá e Anapaula mi aiutano a comprendere meglio quello che sta succedendo. Ancora una volta mi sento un perfetto estraneo.
Arriva il momento dell´invocazione di Caboclo che finalmente tramite i ritmi dell´abatoque e dei canti, può manifestarsi incorporando qualcuno. Solo chi rappresenta questa identità potrà essere incorporato. Un ragazzo alla mia destra cade improvvisamente in trance. Pai Raimundo con l´aiuto di altri gli fa indossare delle bende al torace e alla testa (ogni Orixa ha un suo costume). Ora Caboclo è incorporato e può mostrarsi ed esprimersi attraverso la danza (ogni Orixa ha un proprio stile di danza). Il ragazzo ha gli occhi chiusi. Capisco quindi che non sta recitando perché non sarebbe possibile danzare in quel modo in spazi così limitati e con così tanti ostacoli senza poter vedere. Le persone alle quali si avvicina alzano il palmo delle mani verso lui per ricevere la sua energia. I fedeli festeggiano questo momento cantando e battendo le mani ancora più energicamente e lanciando urli di gioia. Io cerco in qualche modo di celare il mio stupore.
 
Come ho scritto prima ho avuto la possibilità di documentare tutta questa esperienza con la mia videocamera. Ho deciso di non pubblicare alcun video per rispetto delle persone che partecipavano; sebbene abbia l´autorizzazione del Pai, non ho quella delle persone che sono state incorporate.
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Mi trovo a Bahia, il primo stato del cosiddetto nordeste brasileiro. Dopo aver passato due giorni nella capitale Salvador de Bahia (bellissima), dove mi hanno ospitato la gentilissima Anasao Jose con la sua adorabile Preta che qui  ringrazio,  mi sono spostato nell´entroterra in un paesino chiamato Santo Amaro. Qui devo incontrare Roberto Mendez che è un chitarrista molto rispettato e conosciuto a Bahia, dove suona il Samba de Roda con una tecnica speciale cihiamata Chulas. Roberto sembra essere uno dei pochissimi praticanti di questa tecnica, qui a Bahia. Santo Amaro conta 60.000 abitanti, è considerata una delle culle della musica tradizionale bahiana. La città è molto antica ed è stata una delle prime colonie portoghesi dove arrivavano gli schiavi deportati dall´Angola. Qui più che in Brasile sembra di essere in Africa. Per questo risultano ancora vive le tradizioni, le usanze e la musica africana. La popolazione è soprattutto nera, il clima è tropicale, piove sempre e fa caldo. E' impressionante come spostandomi da una località all´altra del Brasile cambino insieme paesaggio, clima, popolazione, cibo e ovviamente musica! E' faticoso ogni volta doversi abituare ad un cambiamento così radicale: il Brasile è un paese che contiene molti brasile al suo interno. Le dimensioni continentali del paese fanno sì che l´unica cosa comune in esso sia l´idioma. Il resto è un continuo mutare. Qui a Santo Amaro piove ininterrottamente da due giorni. Roberto mi dice che quando piove la gente diventa triste e tutto si ferma. Soprattutto l´attività musicale. Non nascondo che anche io sono stato colpito da questa sindrome da pioggia e l´apatia ha sovrastato anche me, rendendomi un po' malinconico. Oggi però è spuntato il sole per qualche ora e così ho colto l´occasione per farmi un giro per il paesino africano. In attesa di documenti musicali (si prospettano per me incontri interessanti), metterò delle immagini scattate durante una passeggiata per Santo Amaro. Avevo fatto un bel video della passeggiata ma la macchinetta fotografica fa i capricci e quindi non posso pubblicarlo. Spero che i colori delle immagini non siano troppo sbiaditi, perché da qui, in quell´ora di sole, la frutta delle bancherelle dava una spinta alla lentezza della giornata.


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05-07-2007
PRIMA PARTE
Belo Horizonte è una città di tre milioni di abitanti a a sette ore di bus da Rio de Janeiro direzione nord ovest nello stato di Mina Gerais. Mi sono allontanato dalla costa atlantica per entrare nell´entroterra del Brasile, che mi propone paesaggi familiari di montagne e colline di un´estensione a me fin ora sconosciuta. Ancora una volta la caratteristica che più mi colpisce di questo paese è l´immensità.
Belo Horizonte è molto giovane, ha infatti poco più di 100 anni, è ben costruita, con molti spazi dedicati al verde; strade e piazze sono ben curate. Il nome che porta è del tutto meritato: Belo Horizonte si trova a 900 metri sul livello del mare e salendo di poco le montagne che la circondano, si gode di una vista mozzafiato.
Ad attendermi alla stazione c´è Suely Machado, amica di Nena (vedi post Curitiba). Suely è insegnante di danza ed ha una sua scuola molto attiva nel centro della città. (www.primeiroato.com.br)  
Anche in quest´occasione la sorte mi è amica. Suely oltre ad avere importanti contatti com musicisti della zona, ha anche una splendida casa a 15 minuti dal centro su un promontorio a 1500 metri di altezza che domina e... nomina Belo Horizonte.
Mina Gerais è uno stato che gode di una notevole reputazione musicale; tutti ne parlano come una delle culle della musica brasiliana.
Fra le tante, la cosa che maggiormente mi ha attirato in questa città è la notizia che Suely mi aveva dato per telefono: “Vieni che qui c´è un gruppo di signore che alla mattina si riunisce per cantare dei canti tradizionali mineri”. Pensavo che potesse essere un documento musicale in stretto rapporto con l´altro obiettivo del viaggio, che è quello di raccogliere e documentare vecchie canzoni italiane.
MENINAS DE SINHÁ  è un gruppo vocale e strumentale di 35 donne tra i 43 e gli 87 anni che alle sette di mattina per tre giorni alla settimana, si riunisce per arrangiare  e  cantare le canzoni di “roda” di quando erano bambine. In realtà Meninas de Sinhá è ben altro che un gruppo di signore nostalgiche, è infatti un progetto di “recupero dignità” per donne che soffrono di depressione. Mi sono trovato quindi a contatto non solo con un´espressione di musica tradizionale e di ricerca musicale, ma anche con un valido esempio di musicoterapia.
Le donne si riuniscono a Alto Vera Cruz, un bairro povero ed affascinante alla periferia della città. Per raggiungerlo talvolta la macchina è messa a dura prova, viste le ripide pendenze delle stradine che si insinuano tra le misere casupole del paesino. Sede dell´incontro, un centro culturale dove si sta facendo classe di percussione ai bambini del bairro. Le signore sono sedute allineate sul muretto dell´edificio in attesa del mio arrivo. Questa volta non sono le sette della mattina, ma le sei di sera.
Mi accolgono con grandi sorrisi, con e senza denti, mi viene da dire che sono bellissime.
La maggior parte di loro è nera e proviene dalla povertà e dai problemi della periferia.
Valdete Cordeiro, la fondatrice del gruppo, prepara la stanza, disponendo le sedie a cerchio, poi prima dell´esibizione mi spiega le origini del gruppo e le sue finalità. Io con il mio stentato “portognolo” cerco di spiegare origini e obiettivi del mio progetto, ricevendo in cambio espressioni di perfetta e buffa incomprensione (questo dell´idioma è un problema che devo risolvere in fretta! Man mano che proseguo verso nord lo spagnolo e l´italiano diventano sempre più inefficaci). Un grazie a Suely per la traduzione corretta alle signore, che poi fingevano di non averne bisogno e di aver giò capito tutto prima.
Inizialmente Valdete riceveva le donne depresse cercando di aiutarle tramite la conversazione, tecniche di espressione corporea, danza e lavori manuali; solo in un secondo momento è nato il gruppo musicale. Le donne sono arrivate qui tramite  passaparola  o mandate direttamente dal medico psichiatra. Il passato di alcune è veramente pesante, segnato da episodi di cruda violenza domestica e miseria. Una di loro racconta di aver  visto morire suo figlio, ucciso com una pallottola in testa mentre era seduto al suo fianco. Altre testimonianze parlano di donne incapaci di vivere che ora, grazie al gruppo al canto ed alla danza, hanno riacquistato forza ed orgoglio.
L´esibizione delle signore è emozionante: è forte il rituale del cerchio che tra loro formano, simbolo di unione, protezione, condivisione e repulsione dell´infelicità.
Le donne cantano con gli occhi chiusi e sorridono. Sembrano liberare con il canto tutta la vitalità  repressa e di ritrovare la gioia della fanciullezza. Fanno gesti diretti verso il cielo con le mani. Sarebbe bello entrare nei loro pensieri. Poi il cerchio si spezza e cominciano le danze, talvolta solo abbozzate, considerate le età non più tenere. Effettivamente il loro canto sembra quello di un gruppo di bambine spensierate, e anche le loro espressioni sembrano più giovani di decine di anni.
Oggi il gruppo si esibisce in varie scuole, università, ospedali, penitenziari e per svariati spettacoli in giro per Mina Gerais.
 La canzone che inserisco sotto nell´MP3 si intitola "Oh, que noite tão bonita" (Oh che bella notte). E' un canto tradizionale minero arrangiato dal gruppo Meninas de Sinhá. Cantato all´unisono è accompagnato dal ritmo ternario di strumenti tipici di questa regione come il Caxixi ed il Chekueré (vedi sezione strumenti).
 
IL TESTO:
"Se eu soubesse com certeza
que você me tem amor
Cairia nos teus braços
como o sereno na flor
Oh, que noite tão bonita
oh, que céu tão estrelado
quem me dera eu ter agora
o meu lindo namorado..."
SECONDA PARTE 07/07/07

L´avventura musicale a Belo Horizonte mi accompagna a visitare una favela alla periferia della città dove opera un centro culturale molto conosciuto chiamato Tambolelé. Il centro è sorto grazie ad un finanziamento di una grande azienda privata di telefonia mobile brasiliana che ha così permesso di creare uno spazio fisico per praticare quello che prima veniva fatto nella strada. Tambolelé è un progetto che intende educare e dare una opportunità ai ragazzi della favelas tramite l´educazione musicale. Qui si danno lezioni di capoeira e di percussione. Sergio Perere è uno dei gestori di questo spazio; lui è un abile percussionista molto conosciuto da queste parti. Tambolelé è anche il nome del suo trio. Sergio mi fa fare un giro per la scuola, mostrandomi le varie percussioni tipiche di Minas Geraise, dandomi dimostrazioni pratiche dela tecnica utilizzata. Poi andiamo nello spazio dedicato all´insegnamento dove almeno una cinquantina tra bambini e adulti sta praticando. Prima di usare gli strumenti si fa un riscaldamento, usando la voce al posto delle bacchette. Sergio dice che prima di passare allo strumento bisogna assaporare il gusto del ritmo in questo modo. Il training dura più di una ora poi si dà il via alla musica. Il ritmo è travolgente ed il volume è davvero assordante.  


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20-08-2007
Non nascondo di aver provato un certo timore al pensiero di "dover" raggiungere Rio de Janeiro, tappa obbligatoria per un viaggio all´insegna della musica che attraversa tutto il paese. Troppe leggende, dicerie e diffamazioni sopra questa BELLISSIMA città purtoppo stereotipo di barbara violenza. Penso che i mass media creino allarmismo e calchino troppo questo aspetto che indubbiamente esiste e preoccupa, ma che non è sicuramente la principale caratteristica di questa città; tuttavia le voci che corrono mi hanno limitato molto nella scelta dell'attrezzatura da mettere nello zaino per documentare l'aspetto musicale che, questo sì, è ciò che dipinge meglio il carattere di Rio. Cosicché il materiale audio video che ho raccolto non è  ricco come nelle precedenti tappe. Penso con certezza che mi rifarò cammin facendo. Ora entrerò infatti nella zona calda della musica brasiliana: il nord est.
Purtroppo devo sferrare una nota un po' dolente, riguardo l'esito del progetto "Il cammino della musica" a Rio de Janeiro. Tutto è risultato molto più complicato delle esperienze precedenti. Rio è una città di dimensioni giganti, è molto caotica, ma per contro bisogna rispettare i suoi tempi comodi. Non è quindi possibile riuscire, in pochi giorni, a concludere molto. I Carioca (gli abitanti di Rio) si sono dimostrati sì, interessati all'iniziativa, ma in modo un po' distaccato, limitandosi ad indicarmi i luoghi e le iniziative musicali della città. Inoltre più di una volta mi è successo di sentirmi chiedere del denaro in cambio di una registrazione o di una documentazione visiva, quando in tutte le altre tappe, il mio lavoro è stato sempre considerato oggetto di scambio reciproco. Più tardi mi è stato parlato dell'aspetto commerciale di Rio de Janeiro, altra parentesi poco piacevole della città. Del resto devo ammettere che fino ad ora sono stato abituato fin troppo bene, a tal punto che mi considero viziato.
 
Non vorrei comunque dare ad intendere che i carioca non siano buona gente; anzi, il sorriso, l'accolglienza e l'energia che hanno, sono ciò che meglio li identifica. Fanno parte però del "sistema Rio", vivono in una città favolosa sempre in festa e hanno la spiaggia nel sangue. Fate una passeggiata per Ipanema e capirete.
 
Non sono comunque mancate le persone che si sono appassionate al progetto e hanno partecipato alla sua realizzazione.
 
Samba e Choro sono i due generi che più decantano l'anima musicale di Rio De Janeiro. Non solo concerti nei numerosi locali della città, talvolta assolutamente insoliti, ma sulla spiaggia, nelle strade, nei mezzi pubblici, il ritmo dei sonagli del pandeiro filtra nelle orecchie e fa muovere il sedere.
 
Rio ho fatto visita alla "Escola Portatil de Musica" situata nella parte est della città nel bairro Urca. Un'accademia musicale che si impegna a creare musicisti professionisti attraverso l´insegnamento del linguaggio del Choro. A ricervermi c'è la coordinatrice didattica Luciana Rabello, che mi spiega gli obiettivi e le iniziative del centro musicale. Qui il sabato, alle 12, allievi e professori si riuniscono nel giardino della scuola per dare vita ad una grande orchestra divisa per sezioni di strumenti a corda: violão, cavaquinho, bandolino; strumenti a fiato: flauta, tromba, sax; percussioni: pandeiro, tambora.
 
All'entrata del cortile le note giungono squillanti da tutte le direzioni. Piccoli ensemble o singoli solisti provano prima dell'esibizione aperta al pubblico. Poi arrivano gli insegnanti, i direttori e gli arrangiatori dei pezzi e si dà il via alla musica. Choro e Samba, suonati con le dimensioni musicali di questa bella orchestra, assumono un aspetto sicuramente più bandistico e carnevalesco, trascinando mente e corpo lontano dai problemi della città, nei paesaggi sonori di questa musica così solare.

La musica sotto è un Samba Choro intitolato Gafieira Suburbana (balera suburbana) di Cristovão Bastos con l'arrangiamento di Cristovão Bastos per l´orchestra della "Escola Portatil Do Musica" di Rio de Janeiro. (non scriverò approfondimenti su Choro e Samba).

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16/03/2015 @ 10:26:20
Di gianfranco micarelli -scultore-
Grande Andrea!Ho app...
03/03/2015 @ 19:15:11
Di Diego
C'è tanto dentro que...
26/02/2015 @ 17:24:41
Di Stefania D.
Emozione.....tanta ....
26/02/2015 @ 17:23:23
Di Alida
aggiungerei anche il...
26/02/2015 @ 17:20:54
Di Tatiana M.
anche Giuliano Prepa...
26/02/2015 @ 17:20:30
Di Otello S.
chissà cosa ne pense...
26/02/2015 @ 17:19:52
Di Paolo
Guardo le foto e leg...
07/02/2015 @ 06:50:44
Di Mrisa
grazie meraviglioso ...
01/02/2015 @ 10:42:12
Di Francesca G.
How wonderful that y...
31/01/2015 @ 19:35:57
Di Lorie H.
Il caos di Jaipur cr...
31/01/2015 @ 19:33:49
Di Lara F.
Bravi! fate sentire ...
29/01/2015 @ 19:30:15
Di Adelina, Gianni
Veramente bello!!! C...
29/01/2015 @ 17:28:07
Di Lara
Sempre con un po' di...
25/01/2015 @ 01:23:33
Di Valerio
CIAO SONO NICLA VIAR...
24/01/2015 @ 06:26:16
Di NICOLA
...GRANDE Federico.....
23/01/2015 @ 06:57:17
Di sandro brunello


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