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Archivio Io Suono Italiano ?     archivio dal tango alla musica caraibica

28-07-2007
Per non deludere nessuno e rendere omaggio a tutti, farò una panoramica su tutto quello che ho avuto modo di conoscere nel grande stato di Pernambuco.
Nella bella città di Olinda (vedi post: Olinda che linda), ho avuto finalmente l´occasione di documentare, senza che nessuno mi chiedesse denaro in cambio, la tanto praticata Capoeira. Si dice che il fulcro di questa arte sia Bahia, ma purtoppo Salvador de Bahia ultimamente fa di tutto un mercato, perciò non è stato per nulla facile durante il mio soggiorno in questa capitale, recuperare materiale per il progetto. A Olinda invece sono addirittura stato invitato a partecipare ad una roda de Capoeira nella sede del Rotary Club dove per l´occasione si sono riuniti tutti i più bravi maestri del genere e della zona. Ad accogliermi e a spiegarmi le caratteristiche di questa arte, e in questo caso di questa scuola, è Mestre Carinhoso. Sulla Capoeira ci sarebbe da parlare molto, in internet si possono trovare tonnellate di materiale, foto e filmati. Quella a cui ho assistito io però è una Capoeira speciale che ha lo scopo di salvare i ragazzi dalla strada e dai pericoli delle favelas, indirizzandoli ad uno sport che insieme è un´arte e permettere loro di apprendere questa tecnica che un giorno potrebbe diventare un lavoro e procurargli un dignitoso futuro. Carinhoso mi spiega che qui i ragazzi non pagano una iscrizione, il corso è interamente gratuito e patrocinato da un organo pubblico. I maestri parlano della fortuna e dell´importanza di questa possibilità che loro non hanno avuto. Ho assistito a più di un allenamento e devo dire che la qualità dell´insegnamento e la disciplina dei ragazzi è veramente alta. Anche i più piccoli si muovono rapidamente e sferrano colpi micidiali tra acrobazie pericolose.
La Capoerira (pronuncia capuera) è una tecnica di combattimento che ha le sembianze di una danza. E' uno sport artistico che include musica, canto, danza, e lotta allo stesso tempo. La bravura dei capoeristi è misurata non tanto dalla potenza dei colpi, quanto dall´armonia dei movimenti. I capoeristi formano un cerchio (la roda) all´interno del quale due concorrenti alla volta si sfidano lanciandosi abili colpi che -solitamente- non toccano l´avversario. I movimenti di questa affascinante lotta danzata sono ritmati dalla vibrazione della corda del berimbau, strumeno tipico e preincipale di questa forma d´arte (vedi la sezione foto: strumenti) e da altri strumenti a percussione come pandeiro, atabaque, agogo, caxixi. Anche in questo caso il genere arriva direttamente dall´Africa. Le sue origini risalgono alla fine del XVIII sec. ma sono incerte e molte sono le teorie a riguardo. La più accreditata è quella che dice che in passato la Capoeira era una forma per gli schiavi di manifestare il loro desiderio di rivolta mascherandolo in questo modo. Altre origini parlano della Capoeira come forma di combattimento nato nei Quilombos, che sono quei luoghi normalmente situati nell´entroterrra del Brasile, dove gli schiavi che riuscivano a fuggire si riunivano formando delle comunità organizzate che incutevano terrore agli schiavisti. I Quilombos rappresentano per la musica brasiliana un elemento importantissimo. E' da questi luoghi infatti che si sono formate le cellule principali di numerosi generi musicali che oggi rappresentano la cultura popolare brasiliana. Oggi i Quilombos sono dei centri culturali dove si preserva la cultura artistica africana. Io e Elaine ne abbiamo visitato uno a Castainho all´interno di Pernambuco; esperienza molto interessante che mi ha fatto capire che se non ci fosse stata la sciavitù tutta questa musica non esisterebbe.  
La Capoeria fu proibita per molto tempo, quando nel 1932 il grande maestro Manuel Dos Reis Machado, più facilmente chimato Bimba, ebbe l´occasione di ufficializzarlo come sport nazionale brasiliano. Da quell´epoca esistono due tipi di capoeira: Regionale e Angola (Joaquin Ferreira Vincente piú facilmente chiamato Pastinha, fu il pioniere di quest´ultimo genere) che posseggono differenti ritmi, canti, movimenti, stili. Questo un quadro velocissimo e generico su questa forma d´arte che è forse la più praticata nel nordeste brasiliano. La Capoerira si incontra dappertutto: nelle piazze, sulle spiagge, nelle scuole, per le strade. Nel mio viaggio in Brasile ho conosciuto moltissimi capoeristi e ho assistito a diverse rodas talvolta veramente spettacolari. Ho scoperto molti "segreti del mestiere" ma soprattutto ho capito che la Capoeira più che uno sport è una filosofia che include tradizione, disciplina, stile, rispetto, forma fisica.  
Il video che metto qui sotto è una fase della roda organizzata dal "Grupo de capoeira regional Chute na lua" di Olinda. Si tratta della forma Regionale che rispetto quella Angola è più veloce e "acrobatica". Buona visione!

CONTINUA...

 
20-07-2007
Olinda è una piccola città dello stato di Pernambuco. E' senza dubbio uno dei gioellini del Brasile, tanto che si pensa che il nome che porta (linda significa bella) derivi dall´esclamazione del capitano che l´ha scoperta: Oh que linda!! A pochi passi dalla grande e caotica capitale Recife, Olinda offre la tranquillità e l´atmosfera di un antico paesino di campagna. Con le sue ripide strade in pietra, la moltitudine di chiese barocche farcite di immense ricchezze, le casette coloniali color pastello e la sua musica, Olinda è stata nominata patrimonio culturale e artistico dall´UNESCO ed è considerata il centro culturale del Brasile. Senza dubbio una tappa obbligatoria per chi vuole assaporare il gusto dell´arte pernabuchiana! Qui mi aspettano appuntamenti molto interessanti.
Per ora una cosa curiosa e simpatica che ha accolto il mio arrivo: da Praça São Pedro ogni venerdi sera alle 21.30 parte una specie di processione... romantica. Il "Gruppo Serenata Luar de Olinda" dall´8 maggio 1987 scorrazza per le stradine di Olinda suonando sereste e serenate alla città intera. Il gruppo è composto da 17 musicisti muniti di percussioni, chitarre, fiati e piccoli amplificatori appesi alla cintura. A seguire il gruppo, una folta folla di cittadini, turisti e curiosi che cantano all´unisono i temi d´amore. Alexandre Alguiar de Oliveria, uno dei coordinatori e creatori del gruppo, mi spiega che l´iniziativa parte dalla decisione di chiudere la città al traffico che nel 1987 cominciava a diventare troppo invadente e rumoroso. A decisione presa però la città risultava troppo tranquilla! Ecco la soluzione: una specie di fanfara che si fa sentire da distante, arriva pian piano a riempire le case di musica e si allontana lasciando un dolce ricordo.   

Il pezzo qui sotto è una seresta suonata dal Gruppo Serenata Luar de Olinda. Si intitola "As Rosas Não Falam"; l´autore è Cartola.
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13-07-2007
Si dice che Bahia sia una terra magica; luogo di incontro di culture, religioni, antichi rituali e credenze provenienti da tutto il mondo. Per le strade di Salvador corre una percettibile energia carica di esotismo e misticismo che procura una certa scossa a chi ha la fortuna di percorrerle. Salvador, terra degli schiavi: trascinati qui per lavorare nei campi di canna da zucchero, sradicati dal loro habitat, costretti a una religione diversa e ad una vita sofferente. Salvador oggi è una “terra nera”, la città più africana del Brasile. Il trionfo di questa cultura è presente dappertutto, e sta in perfetto accordo ed equilibrio con quella portoghese; ci sono addirittura delle Chiese costruite dagli schiavi con santi neri, dove oggi si celebrano delle messe festose  con ritmi africani. Abbigliamento, cibi, feste, percussioni, musiche e ritmi che parlano e suonano africano.
 
Il paesaggio di Bahia è tropicale, qui mi sento veramente distante da casa e per la prima volta nel viaggio ho avuto una sensazione di breve solitudine. A Santo Amaro ho provato l´esperienza di essere l´unico bianco in mezzo ad un popolo di neri. Passeggiare per la strada e sentirsi osservato e considerato per il colore della pelle, per scoprire poi grazie ad un sorriso che osservazioni e considerazioni sono del tutto innoque e positive. Il popolo di Santo Amaro e di Bahia in generale è uno tra i più accoglienti allegri e vitali che abbia incontrato fin ora.

In questa atmosfera ho avuto la fortuna di partecipare ad un rituale di Candomblé. Grazie a Roberto Mendez (vedi post sotto) sono entrato in contatto con Pai Raimundo, che mi ha accolto nel suo “Centro do caboclo estrela guía” a Santo Amaro, spiegandomi tutto ciò che bisogna sapere su questo rituale e permettendomi di documentare tutta la cerimonia; una concessione molto rara.
Il Candomblé è una religione afrobrasiliana creata dai sacerdoti africani che venivano deportati in Brasile come schiavi e venivano convertiti dai missionari cattolici. Il modo per poter continuar a celebrare le proprie tradizioni religiose consisteva nel "celare" il nome degli Orixa (i miti africani) con quelli dei santi cattolici. Da tempo bandita dalla Chiesa cattolica è oggi professata liberamente e praticata da tutte le classi sociali, e i seguaci neri e bianchi sono milioni. Solo a Salvador è incalcolabile il numero dei templi (terreiros) dedicati al culto.
 
In internet e nelle biblioteche troverete moltissime informazioni su questo culto. Io racconterò l´esperienza che ho potuto vivere in prima persona in uno dei tanti terreiros di Santo Amaro. Ogni terreiro ha infatti le sua caratteristiche, i suoi rituali,il proprio patrono.. cosicché ogni esperienza rimane unica.
 
Il “Centro do caboclo estrela guía” sembra essare una casa come molte altre qui a Santo Amaro senonché al suo interno sono presenti chiari riferimenrti al culto del Candomblé: all´entrata è sistemata una statua di Santo Antonio, che è il patrono del centro e qui rappresenta l´orixa OGUM (divinità del ferro e della guerra). A sinistra c´è una stanza con all´interno solo un  tavolino con un bicchiere d´acqua (simbolo di naturalezza) e una candela (necessaria per concentrarsi). Qui si pratica il Jogo de Buzo: il Pai, con delle formule orali, getta sul tavolo una manciata di conchiglie e tramite la loro disposizione è in grado di decifrare informazioni sulla persona che chiede l´intervento degli spiriti e anche di conoscere quale Orixa rappresenta. Statue di legno nero rappresentano divinità africane; il soffitto della casa è fitto di festoni a bandierina che creano una atmosfera di festa di compleanno. C´è una stanza con una porta chiusa; qui solo in pochi possono entrare; è la stanza della "matanza" degli animali. Il Candomblé è una religine che prevede il sacrificio di animali (capre e galline) come offerta agli Orixa. Formule e rituali di questa fase sono segrete e vanno fatti prima della festa.
 
Pai Raimundo mi racconta di essersi avvicinato al Candomblé molti anni fa, quando non risciva a trovare rimedio ad un male. Tramite questo culto è guarito e dopo 7 anni di inizializzazione è diventato Pai Santo. Oggi si festeggerà il giorno di Caboclo, una entità brasiliana che dà il nome al terreiros. Pai Raimundo mi accompagna verso il centro del rituale, una veranda con delle sedie disposte ai lati e tre tamburi nel fondo; Sono gli atabaques, servono per chiamare gli Orixas tramite appositi ritmi. Gli atabaques sono diversi solo per la dimensione, ma la loro funzione è ben distinta: il più grande è chiamato Rum, Pai Raimundo dice che serve per guidare i passi della danza e chiama gli spiriti; il piú piccolo è che introduce la musica e chiama i fedeli a ballare, quello in mezzo Rumpi risponde e accompagna gli altri due. Una cosa mi stupisce: la stanza è piena di casse di birra che verrà poi offerta ai partecipanti prima e durante il rituale. Tainá e Anapaula, due amiche conosciute a Salvador, mi dicono che l´alcool serve per aumentare la percezione e la ricezione degli spiriti (Alcool/spirito). Mi dicono anche che durante il rituale solitamente non si potrebbe bere. Qui si può anche fumare.
 
Arrivano gli Alabês (i suonatori di atabaque) e prima della cerimonia Pai Raimundo chiede loro di suonare un inno a Caboclo "Salvaçao de Caboclo" per permettermi di registrarlo. Tra loro c´è una donna (Tainá mi dice che solitamente alle donne è proibito suonare); il più anziano mi dice che l´arte di suonare questi strumenti si tramanda di famiglia in famiglia. Esistono più di 100 Orixa e ognuno ha ritmi e canti differenti. Il modo di suonare senza bacchette suggerisce che si tratta di un Candomblé Angola.
 
Pian piano arrivano i partecipanti e si dà inizio alla festa. I canti iniziali servono per "scaldare l´aria" e procurare la giusta energia per ricevere gli Orixa. I fedeli conoscono tutti i canti, alcuni sono in portoghese, altri in africano. La festa si apre con Exu (entità che più si avvicina all´essere umano) poi si prosegue con i canti per Ogun fino ad arrivare a Oxalá. Solo dopo questo ciclo sarà il momento di invocare lo spirito di Caboclo e lasciare che si incorpori tra i fedeli. L´atmosfera è di festa e Pai Raimundo la conduce.  Tutti cantano e battono le mani ritmicamente con molta energia. I canti hanno una struttura ben precisa che tutti tranne me sembrano conoscere. Apparentemente sembra la confusione totale, ma abituando l´orecchio si cominciano a percepire le diverse pulsazioni dei tamburi e la loro funzione nel rituale. Tainá e Anapaula mi aiutano a comprendere meglio quello che sta succedendo. Ancora una volta mi sento un perfetto estraneo.
Arriva il momento dell´invocazione di Caboclo che finalmente tramite i ritmi dell´abatoque e dei canti, può manifestarsi incorporando qualcuno. Solo chi rappresenta questa identità potrà essere incorporato. Un ragazzo alla mia destra cade improvvisamente in trance. Pai Raimundo con l´aiuto di altri gli fa indossare delle bende al torace e alla testa (ogni Orixa ha un suo costume). Ora Caboclo è incorporato e può mostrarsi ed esprimersi attraverso la danza (ogni Orixa ha un proprio stile di danza). Il ragazzo ha gli occhi chiusi. Capisco quindi che non sta recitando perché non sarebbe possibile danzare in quel modo in spazi così limitati e con così tanti ostacoli senza poter vedere. Le persone alle quali si avvicina alzano il palmo delle mani verso lui per ricevere la sua energia. I fedeli festeggiano questo momento cantando e battendo le mani ancora più energicamente e lanciando urli di gioia. Io cerco in qualche modo di celare il mio stupore.
 
Come ho scritto prima ho avuto la possibilità di documentare tutta questa esperienza con la mia videocamera. Ho deciso di non pubblicare alcun video per rispetto delle persone che partecipavano; sebbene abbia l´autorizzazione del Pai, non ho quella delle persone che sono state incorporate.
 
05-07-2007
PRIMA PARTE
Belo Horizonte è una città di tre milioni di abitanti a a sette ore di bus da Rio de Janeiro direzione nord ovest nello stato di Mina Gerais. Mi sono allontanato dalla costa atlantica per entrare nell´entroterra del Brasile, che mi propone paesaggi familiari di montagne e colline di un´estensione a me fin ora sconosciuta. Ancora una volta la caratteristica che più mi colpisce di questo paese è l´immensità.
Belo Horizonte è molto giovane, ha infatti poco più di 100 anni, è ben costruita, con molti spazi dedicati al verde; strade e piazze sono ben curate. Il nome che porta è del tutto meritato: Belo Horizonte si trova a 900 metri sul livello del mare e salendo di poco le montagne che la circondano, si gode di una vista mozzafiato.
Ad attendermi alla stazione c´è Suely Machado, amica di Nena (vedi post Curitiba). Suely è insegnante di danza ed ha una sua scuola molto attiva nel centro della città. (www.primeiroato.com.br)  
Anche in quest´occasione la sorte mi è amica. Suely oltre ad avere importanti contatti com musicisti della zona, ha anche una splendida casa a 15 minuti dal centro su un promontorio a 1500 metri di altezza che domina e... nomina Belo Horizonte.
Mina Gerais è uno stato che gode di una notevole reputazione musicale; tutti ne parlano come una delle culle della musica brasiliana.
Fra le tante, la cosa che maggiormente mi ha attirato in questa città è la notizia che Suely mi aveva dato per telefono: “Vieni che qui c´è un gruppo di signore che alla mattina si riunisce per cantare dei canti tradizionali mineri”. Pensavo che potesse essere un documento musicale in stretto rapporto con l´altro obiettivo del viaggio, che è quello di raccogliere e documentare vecchie canzoni italiane.
MENINAS DE SINHÁ  è un gruppo vocale e strumentale di 35 donne tra i 43 e gli 87 anni che alle sette di mattina per tre giorni alla settimana, si riunisce per arrangiare  e  cantare le canzoni di “roda” di quando erano bambine. In realtà Meninas de Sinhá è ben altro che un gruppo di signore nostalgiche, è infatti un progetto di “recupero dignità” per donne che soffrono di depressione. Mi sono trovato quindi a contatto non solo con un´espressione di musica tradizionale e di ricerca musicale, ma anche con un valido esempio di musicoterapia.
Le donne si riuniscono a Alto Vera Cruz, un bairro povero ed affascinante alla periferia della città. Per raggiungerlo talvolta la macchina è messa a dura prova, viste le ripide pendenze delle stradine che si insinuano tra le misere casupole del paesino. Sede dell´incontro, un centro culturale dove si sta facendo classe di percussione ai bambini del bairro. Le signore sono sedute allineate sul muretto dell´edificio in attesa del mio arrivo. Questa volta non sono le sette della mattina, ma le sei di sera.
Mi accolgono con grandi sorrisi, con e senza denti, mi viene da dire che sono bellissime.
La maggior parte di loro è nera e proviene dalla povertà e dai problemi della periferia.
Valdete Cordeiro, la fondatrice del gruppo, prepara la stanza, disponendo le sedie a cerchio, poi prima dell´esibizione mi spiega le origini del gruppo e le sue finalità. Io con il mio stentato “portognolo” cerco di spiegare origini e obiettivi del mio progetto, ricevendo in cambio espressioni di perfetta e buffa incomprensione (questo dell´idioma è un problema che devo risolvere in fretta! Man mano che proseguo verso nord lo spagnolo e l´italiano diventano sempre più inefficaci). Un grazie a Suely per la traduzione corretta alle signore, che poi fingevano di non averne bisogno e di aver giò capito tutto prima.
Inizialmente Valdete riceveva le donne depresse cercando di aiutarle tramite la conversazione, tecniche di espressione corporea, danza e lavori manuali; solo in un secondo momento è nato il gruppo musicale. Le donne sono arrivate qui tramite  passaparola  o mandate direttamente dal medico psichiatra. Il passato di alcune è veramente pesante, segnato da episodi di cruda violenza domestica e miseria. Una di loro racconta di aver  visto morire suo figlio, ucciso com una pallottola in testa mentre era seduto al suo fianco. Altre testimonianze parlano di donne incapaci di vivere che ora, grazie al gruppo al canto ed alla danza, hanno riacquistato forza ed orgoglio.
L´esibizione delle signore è emozionante: è forte il rituale del cerchio che tra loro formano, simbolo di unione, protezione, condivisione e repulsione dell´infelicità.
Le donne cantano con gli occhi chiusi e sorridono. Sembrano liberare con il canto tutta la vitalità  repressa e di ritrovare la gioia della fanciullezza. Fanno gesti diretti verso il cielo con le mani. Sarebbe bello entrare nei loro pensieri. Poi il cerchio si spezza e cominciano le danze, talvolta solo abbozzate, considerate le età non più tenere. Effettivamente il loro canto sembra quello di un gruppo di bambine spensierate, e anche le loro espressioni sembrano più giovani di decine di anni.
Oggi il gruppo si esibisce in varie scuole, università, ospedali, penitenziari e per svariati spettacoli in giro per Mina Gerais.
 La canzone che inserisco sotto nell´MP3 si intitola "Oh, que noite tão bonita" (Oh che bella notte). E' un canto tradizionale minero arrangiato dal gruppo Meninas de Sinhá. Cantato all´unisono è accompagnato dal ritmo ternario di strumenti tipici di questa regione come il Caxixi ed il Chekueré (vedi sezione strumenti).
 
IL TESTO:
"Se eu soubesse com certeza
que você me tem amor
Cairia nos teus braços
como o sereno na flor
Oh, que noite tão bonita
oh, que céu tão estrelado
quem me dera eu ter agora
o meu lindo namorado..."
SECONDA PARTE 07/07/07

L´avventura musicale a Belo Horizonte mi accompagna a visitare una favela alla periferia della città dove opera un centro culturale molto conosciuto chiamato Tambolelé. Il centro è sorto grazie ad un finanziamento di una grande azienda privata di telefonia mobile brasiliana che ha così permesso di creare uno spazio fisico per praticare quello che prima veniva fatto nella strada. Tambolelé è un progetto che intende educare e dare una opportunità ai ragazzi della favelas tramite l´educazione musicale. Qui si danno lezioni di capoeira e di percussione. Sergio Perere è uno dei gestori di questo spazio; lui è un abile percussionista molto conosciuto da queste parti. Tambolelé è anche il nome del suo trio. Sergio mi fa fare un giro per la scuola, mostrandomi le varie percussioni tipiche di Minas Geraise, dandomi dimostrazioni pratiche dela tecnica utilizzata. Poi andiamo nello spazio dedicato all´insegnamento dove almeno una cinquantina tra bambini e adulti sta praticando. Prima di usare gli strumenti si fa un riscaldamento, usando la voce al posto delle bacchette. Sergio dice che prima di passare allo strumento bisogna assaporare il gusto del ritmo in questo modo. Il training dura più di una ora poi si dà il via alla musica. Il ritmo è travolgente ed il volume è davvero assordante.  


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20-08-2007
Non nascondo di aver provato un certo timore al pensiero di "dover" raggiungere Rio de Janeiro, tappa obbligatoria per un viaggio all´insegna della musica che attraversa tutto il paese. Troppe leggende, dicerie e diffamazioni sopra questa BELLISSIMA città purtoppo stereotipo di barbara violenza. Penso che i mass media creino allarmismo e calchino troppo questo aspetto che indubbiamente esiste e preoccupa, ma che non è sicuramente la principale caratteristica di questa città; tuttavia le voci che corrono mi hanno limitato molto nella scelta dell'attrezzatura da mettere nello zaino per documentare l'aspetto musicale che, questo sì, è ciò che dipinge meglio il carattere di Rio. Cosicché il materiale audio video che ho raccolto non è  ricco come nelle precedenti tappe. Penso con certezza che mi rifarò cammin facendo. Ora entrerò infatti nella zona calda della musica brasiliana: il nord est.
Purtroppo devo sferrare una nota un po' dolente, riguardo l'esito del progetto "Il cammino della musica" a Rio de Janeiro. Tutto è risultato molto più complicato delle esperienze precedenti. Rio è una città di dimensioni giganti, è molto caotica, ma per contro bisogna rispettare i suoi tempi comodi. Non è quindi possibile riuscire, in pochi giorni, a concludere molto. I Carioca (gli abitanti di Rio) si sono dimostrati sì, interessati all'iniziativa, ma in modo un po' distaccato, limitandosi ad indicarmi i luoghi e le iniziative musicali della città. Inoltre più di una volta mi è successo di sentirmi chiedere del denaro in cambio di una registrazione o di una documentazione visiva, quando in tutte le altre tappe, il mio lavoro è stato sempre considerato oggetto di scambio reciproco. Più tardi mi è stato parlato dell'aspetto commerciale di Rio de Janeiro, altra parentesi poco piacevole della città. Del resto devo ammettere che fino ad ora sono stato abituato fin troppo bene, a tal punto che mi considero viziato.
 
Non vorrei comunque dare ad intendere che i carioca non siano buona gente; anzi, il sorriso, l'accolglienza e l'energia che hanno, sono ciò che meglio li identifica. Fanno parte però del "sistema Rio", vivono in una città favolosa sempre in festa e hanno la spiaggia nel sangue. Fate una passeggiata per Ipanema e capirete.
 
Non sono comunque mancate le persone che si sono appassionate al progetto e hanno partecipato alla sua realizzazione.
 
Samba e Choro sono i due generi che più decantano l'anima musicale di Rio De Janeiro. Non solo concerti nei numerosi locali della città, talvolta assolutamente insoliti, ma sulla spiaggia, nelle strade, nei mezzi pubblici, il ritmo dei sonagli del pandeiro filtra nelle orecchie e fa muovere il sedere.
 
Rio ho fatto visita alla "Escola Portatil de Musica" situata nella parte est della città nel bairro Urca. Un'accademia musicale che si impegna a creare musicisti professionisti attraverso l´insegnamento del linguaggio del Choro. A ricervermi c'è la coordinatrice didattica Luciana Rabello, che mi spiega gli obiettivi e le iniziative del centro musicale. Qui il sabato, alle 12, allievi e professori si riuniscono nel giardino della scuola per dare vita ad una grande orchestra divisa per sezioni di strumenti a corda: violão, cavaquinho, bandolino; strumenti a fiato: flauta, tromba, sax; percussioni: pandeiro, tambora.
 
All'entrata del cortile le note giungono squillanti da tutte le direzioni. Piccoli ensemble o singoli solisti provano prima dell'esibizione aperta al pubblico. Poi arrivano gli insegnanti, i direttori e gli arrangiatori dei pezzi e si dà il via alla musica. Choro e Samba, suonati con le dimensioni musicali di questa bella orchestra, assumono un aspetto sicuramente più bandistico e carnevalesco, trascinando mente e corpo lontano dai problemi della città, nei paesaggi sonori di questa musica così solare.

La musica sotto è un Samba Choro intitolato Gafieira Suburbana (balera suburbana) di Cristovão Bastos con l'arrangiamento di Cristovão Bastos per l´orchestra della "Escola Portatil Do Musica" di Rio de Janeiro. (non scriverò approfondimenti su Choro e Samba).

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23-06-2007
SECONDA PARTE
Come da copione, sono ritornato alla bella città capitale della regione del Paraná e capitale ecologica. A 650 km a nord di Bento Gonçalves. Curitiba è una città di 2 milioni di abitanti, ha un'archittettura moderna ed è un centro culturale molto importante. Teatri, musei e incontri culturali sono dappertutto. Curitiba non possiede una musica propriamente caratteristica, però per le sue strade si può ascoltare una varietà musicale proveniente dal nord e dal sud del paese. E' una città davvero rivolta al progresso musicale. In queste due volte in cui ci sono stato, ho assistito ad esibizioni di altissimo livello, dove la tradizione si mischia con l'innovazione. Ad attendermi a Curitiba, Nena, (www.act.com.br) la ragazza conosciuta alla Ihla do mel il maggio scorso (vedi post: Fandango in Brasil). Nena durante questo periodo si è impegnata a trovare contatti utili al progetto, a coinvolgere radio locali e a portarmi a concerti interessanti, tra i quali quello di un artista molto conosciuto da queste parti, Tomzé, che  ha un passato di contestazione. Tomzé ha 74 anni ma sul palco si muove come una piuma. (vedi tomze.com.br
La Domenica di Curitiba è di tradizione il mercato dell'artigianato Ferinha do Largo da Ordem, dove centinaia di bancherelle sfoggiano i colori dei loro prodotti: qui si trova di tutto, dai libri agli oggetti più strani, come ad esempio un vecchio scarpone con dentro una libreria per topi...  in questo contesto si esibisce da moltissimi anni il Conjunto Choro e Seresta che con la sua musica allieta le centinaia di persone che si concedono volentieri  una pausa musicale tra un acquisto e l'altro. Il gruppo ha una storia molto antica, la prima formazione risale al lontano 1970. Al cavaquinho (strumento a corda tradizionale brasiliano) Moacyr de Azevedo, integrante del gruppo dalla sua formazione. Ha 85 anni, dice che ormai il suo corpo è vecchio, ma la sua mente musicale è ancora frizzante. Il gruppo suona principalmente il Choro, un genere arrivato a Rio de Janeiro nel 1880, sicuramente il genere più conosciuto e rappresentativo del Brasile, assieme al Samba. Joãu Luis Rodriguezil, percussionista del gruppo, mi racconta la storia della formazione: furono invitati a suonare alla ferinha direttamente da Jaimer Lerner, all'epoca governatore della città; poi mi permette di registrare alcuni pezzi dedicati esclusivamente all'Italia. Ho inviato uno di questi a Radio Vita, e potete ascoltarlo sulla undicesima puntata.  
Alle dodici le bancherelle cominciano a sbaraccare, ma il gruppo ha appena finito di scaldarsi le mani. Ci si trasferisce così tutti al bar vicino alla piazza, dove fino a sera tra una cashaça e una cerveja, si balla al ritmo di samba e choro, per l'appunto. E' questa la vera atmosfera brasiliana.

 

Curitiba è anche un importante centro di cultura italiana. Santa Felicidade è il barrio dove nel 1878 arrivarono i primi italiani veneti; oggi è una zona tipicamente italiana posta ai lati della città. Sulla strada principale che attraversa qusta zona, sono numerosi i ristoranti italiani costruiti su edifici che si rifanno all'architettura italiana antica. C´è ad esempio un ristorante che riproduce il castello di Marostica. Qui il mantenimento della cultura eno-gastronomica italiana è davvero fortissima; e numerose sono anche le bellissime cantine che producono vino italiano. Santa Felicidade è veramente un bel quartiere curato e con molto verde, che vale la pena di visitare se si passa da queste parti. Questa è anche la sede di numerosi gruppi folklorici e corali che si impegnano a mantenere vivo il patrimonio musicale artistico italiano. Pedrinho Culpi è per l'appunto uno dei più accaniti mantenitori di cultura italiana e alla domenica conduce un programma a Radio Colombo, intitolato “Rivivere l´Italia” al quale mi ha invitato in occasione della mia vista a Curitiba. Il programma, rigorosamente in italiano o dialetto veneto, è seguito da migliaia di persone e propone solo musica popolare veneta. Pedrinho è anche parte integrante del "Quartetto Allegri Musicanti" e del "Gruppo Veneti in Brasile". Una di queste sere mi ha invitato a cenare in uno dei più conosciuti ristoranti del barrio; il Cascatinha, dove il proprietario ancora prima di presentarsi, mi ha messo in mano um bicchiere di grappa ed un piatto di polenta. Dopo la cena il "Coro Veneti in Brasile" si è esibito sfogliando tutto il suo repertorio di vecchie canzoni venete, applaudito da tutto il ristorante. (Sulla puntata n. 11 di Radio Vita troverete una conzone del Gruppo Veneti in Brasile e una curiosa testimoniza in dialetto veneto). La cena è stata a dir poco abbondante ed ottima.  A Santa Felicidade ho fatto anche visita anche al "Gruppo folklorico Italo Brasileiro Santa Felicidade", (www.grupoitalo.com.br/) che all'interno di un bellissimo edificio con una gigantografia del Ponte di Rialto di Venezia, si è esibito solo per me, ballando le tipiche danze venete e trentine con tanto di vestiti d'epoca. Il presidente del gruppo mi ha fatto visitare il deposito dei costumi: ce ne sono più di cinquemila, raccolti in molti anni di lavoro e ricerca per l'Italia. Mi confessa di aver fatto molta fatica per recuperare tutto questo materiale e dice che spesso non riceve nessuna assistenza e supporto da parte delle varie sezioni italiane. Lo spettacolo dei balli è stato veramente brillante e di altissima qualità.  

Quella che inserisco qui sotto è una canzone che fa parte del genere Caipira; un genere musicale tradizionale principalmente della zona di São Paulo, ma anche del Paraná e di Minas Gerais. A raccontarmela e a suonarmela, due fra i massimi esponenti di questo genere a Curitiba. Oswaldo Rios e Rogério Gulin, insieme ai "Viola Quebrada"(www.violaquebrada.com.br). Il termine Caipira deriva dallla lingua Tupi (una delle 180 lingue indigene parlate in Brasile), e significa "cortador de mato" (tagliatori di bosco) così gli indios chiamavano l'uomo bianco che arrivava in Brasile e cominciava a fare man bassa di tutta la selva brasiliana. Il genere risale al 1500, ma la prima registrazione che la battezzò appunto con il nome di Caipira risale al 1927. La formazione tipica di questa musica è violão (chitarra) e Viola Caipira, uno strumento di origine portoghese  molto simile alla chitarra, ma con dieci corde in metallo disposte in cinque coppie. Uno strumento veramente divertente e con un suono brillante. I musici mi raccontano che non esiste un ritmo per identificare la Caipira, ce ne sono invece molti, alcuni con nomi indigeni come Caterete, Cururu, Querumana Catira, altri con nomi europei come Vals, Polka... Ciò che la caratterizza è la formazione ed il canto in coppia per terza. Il testo è ancora una volta riferito alla vita rurale e campesina, "parla d´amore e tragedie", suggerisce Rogério. E' un portoghese arcaico, che sente delle influenze indigene e anche italiane.. il ritmo è binario. Il pezzo si intitola Encantos de Naturaleza di Tião Carreiro e Luiz de Castro. Il ritmo di questa canzone Caipira é Querumana. Bibliografia: Nepomuceno, Musica caipira da roça ao redeio editoria 34, 1999. Tecnica viola A arte de pontear viola Roberto Correa. www.violacorrea.com.br

Il testo:

Tu que não tiveste a felicidade deixe a cidade e vem conhecer

Meu sertão querido, meu reino encantado

Meu berço adorado que me viu nascer

Venha o mais depressa não fique pensando

Estou te esperando para te mostrar

Vou mostrar os lindos rios águas claras

E as belezas raras do nosso luar


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09-06-2007

Eccomi qui in terra brasiliana, nuovo paese, nuova cultura, nuovo idioma e nuova musica. Tanta musica.

Da Assuncion ho raggiunto Posada (Argentina), dove mi sono fermato una notte; attraversato il grande Rio Uruguay, che oltre ad essere un fiume è un confine, ho raggiunto Santo Angelo, prima tappa brasiliana nella regione di Missione a Rio Grande do Sul (estremo sud del Brasile).

Varcato il confine, le immagini che mi si proponevano dai finestrini dell'autobus, che in questo caso sembravano grandi schermi televisivi, mostravano con i loro colori paesaggi sconfinati che declamavano senza alcuna timidezza l'immensità di questo paese in un'esplosione di natura.

Santo Angelo è una località che conta 80.000 abitanti ed è la capitale della musica missionera. Ad aspettarmi ci sono Claudette e Victor Boff. Il contatto l'ho avuto tramite l'amico di Vittorio Veneto, Carlo De Poi. Claudette ha origini di Cison di Valmarino ed è una professoressa universitaria di storia dell'arte, Vicotor ha origini bellunesi, è medico ed appassionato di musica missionera. Avevo già sentito parlare dell'ospitalità brasiliana ed incontrando queste due persone, non posso fare altro che confermare la gentilezza, la cordialità e l'accoglienza per lo straniero, che caratterizza questa bella gente. Claudette e Victor, oltre ad ospitarmi nella loro grande casa per tutta la mia permanenza con ogni genere di comodità, hanno organizzato minuziosamente incontri con musici missioneri, interviste a radio e periodici, incontri con italiani e... aborigeni (nel prossimo post racconterò della mia esperienza tra gli indios guarani, della loro vita e della loro musica).

Sebbene mi trovi in Brasile, in questa zona l'influeza argentina, uruguaya e paraguaya è ancora forte: qui si beve lo Shimarrão che sarebbe il corrispondente Mate argentino però con un'erba dal gusto più soave. Fuori dai centri abitati molti pascoli domati dai Gauchos, che sono diversi da quelli argentini solo nell'abbigliamento (vedi articolo: fiera de los gauchos). La carne è ancora buona e Victor è un ottimo cuoco; il suo piatto forte è il Churrasco, che sarebbe la Parrilla argentina.

L'unione e l'affinità com le terre confinanti è confermata anche dalla musica. Marco Augusto Munchen (un chitarrista missionero) dice che la musica missionera più che riferirsi ad un genere musicale si riferisce ad un'area musicale, che comprende tutto il Rio grando do Sul ed in particolare la zona di Missione, ma ingloba visibili influenze della musica del litorale argentino e uruguayo, della quale ho scritto nei post precedenti, e la cultura Guarani è presente in modo consistente anche qui. Augusto spiega anche che, sebbene si parli di una musica “universale” di queste parti, lo stile del musico missionero è ben riconoscibile da quello limitrofo e dona così alla musica missionera, un'identità ben specifica.
A Santo Angelo ho fatto visita all´Associazione Missionera della Etnia Italiana (AMEI). Il presidente Ivan Barrachini e tutti i soci mi hanno invitato ad una cena nel bell'edificio sede dell'associazione, costruito 18 anni fa con il contributo gratuito di tutti i soci. I partecipanti alla festa sono tutti discendenti di italiani, sopratutto veneti, ma non c'è nessuno che sia nato in Italia. Il presidente mi spiega che in questa zona del Brasile la maggiorparte degli italiani fa parte della terza o quarta generazione. Non manca comunque chi mi parla in dialetto, ricordando le parole dei nonni o dei genitori. Dopo cena si è esibito il coro AMEI diretto da Irmano Bruno, che legge le note da un libricino il cui titolo mi crea un po' di mainconia: "Ricordi d´Italia". Anche in questo caso l'accoglienza è stata calorosa. Sono stato trattato come un re, ho scattato mille foto e scambiato qualche parola più o meno con tutti i partecipanti, in una lingua che sta ai confini con italiano, portoghese, spagnolo e dialetto veneto. L´importante è capirsi.

Il pezzo che metto qui sotto è una Chamarrita Missionera (per la chamarrita vedi articolo: Chiama Rita a Concepción cliccando su "storico") è suonata da Marco Augusto Munchen alla chitarra, José Luiz Scheis alla gaita, Edison Grabin al basso. Sono tre musicisti gauchos di Santo Angelo. Il pezzo si intitola Recuerdos Costeros di José Luis Vilela e Cenair Maica. Gli strumenti utilizzati sono quelli tipici del genere litorale. L´acordeon da queste parti viene chiamato Gaita. Il testo della canzone è un valido esempio della tematica del genere missionero che si riferisce alla vita del los gauchos in relazione ai paesi confinanti: Nasci num catre de vento e com o vento me criei meu rumo e remo a tracei emparelhando horizontes. Sono nato in un letto di vento e con il vento mi sono cerato, il mio cammino a remi terminó accoppiando orizzonti. Gli orizzonti sarebbero quelli di Argentina e Brasile uniti dal Rio Uruguay. Il pezzo parla di un gaucho costero che attraversa il confine argentino per portare merce da vendere in Brasile.

Ringraziamenti: Claudette e Victor Boff, la direttora accademica de la universidad de Santo Angelo, Jerson Fontana, Luis Octavio, tutti i soci dell´associazione AMEI, Radio Santo Angelo, Fatima Cattani del Jornal das Missões, il giornalista Cristiano Devicari, principessa Casarotto Alessandra, tutti gli amici di Santo Angelo.
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04-06-2007
Non era nel programma passare per questo bel paese che pochi conoscono e molti ignorano. Io ci sono venuto l’anno scorso, quando dalla Bolivia decisi di raggiungere Las Cataratas de Iguazu (le spettacolari cascate a Nord Ovest dell’Argentina), passando per il Paraguay anziché per il Brasile (prendendo una mappa si capisce). A spingermi qui anche quest’anno, due amici, Panchi e Sonia, due architetti di Assuncion, che l’anno scorso mi regalarono un’autentica vacanza avventurosa nel Chaco paraguayo, una zona selvaggia caratterizzata da fauna e flora particolarissime. Da Corrientes (Argentina) ad Assuncion, sono “solo” cinque ore di auto e così, entrato in contatto “ciberepistolare” con gli amici, ho deciso di fare una capatina da queste parti.
 
Assuncion è la capitale del Paraguay; è una città che conta un milione di abitanti ed è molto inquinata, come tutte le grandi città dell'America Latina. Al centro storico si susseguono quartieri poveri e desolati, ma affascinanti per i loro colori, per la varietà di automezzi scassatissimi e “assemblati in casa”, e per l’attività frenetica dei venditori ambulanti che ad ogni incrocio cercano in tutti i modi di venderti qualcosa: frutta, caramelle, dolci, pulizia dei vetri dell’auto, scarpe, e chi più ne ha più ne metta.
 
Ho deciso di venire qui anche perché il Paraguay è la culla di tutta la musica che ho raccolto fin ora nel litorale argentino. La cultura Guarani parte infatti da questi luoghi (vedi post: Gracias Concepciòn del Uruguay). Per la strada, soprattutto le persone più anziane e più povere, parlano questo idioma veramente complicato ed incomprensibile. Da pochi anni il governo paraguayo ha saggiamente deciso di inserire tra le materie scolastiche l’insegnamento del Guarani, con l’intento di preservare la conoscenza di un idioma così antico ed importante.
 
Panchi e Sonia, animatosi dal progetto del Cammino, si sono dati da fare per procurarmi contatti con musici del folklore locale e con un amico etnomusicologo molto conosciuto (Gulliermo Sequera), che per molti anni ha lavorato con le numerose comunità aborigene della zona. Purtroppo per mancanza di coincidenze, ho perso l’opportunità di visitarne una e di conoscerne la musica. Spero mi ricapiti un’altra occasione in Brasile.
 
Riescono così ad organizzare per una sera un incontro con un guppo locale che suona principalmente polca, il genere tradizionale paraguayo. Los Troveres de Luque sono tre musicisti campesini di Luque, una località a venti minuti da Assuncion. Per raggiungere l'abitazione dei musici serve assolutamente avere un fuoristrada, considerate le condizioni del selciato. Il gruppo è ben contento di suonare in cambio di una parrilla.
La casa dei musici è veramente umile: una cucina, una camera ed una stanza completamente vuota, c'è solamente appeso il poster della squadra di calcio del Luque. Qui è dove si suona; non c´è riscaldamento, il bagno è all´aperto e fa un freddo cane. In compenso l'accoglienza è caldissima. Riesco a capire poco di quello che mi dicono, perché usano per lo più parlare e.. cantare in Guarani, così Panchi e Sonia mi aiutano nella comprensione.
 
Il concerto privato si suona prima e dopo la cena. I tre musici hanno dato il meglio, riscaldando l'atmosfera con il ritmo della polca, il suo ballo e la sua allegria. Impossible fermarli.

La Polca sotto è suonata da Los Troveres de Luque. Arpa: Ramon Benitez, prima chitarra e voce: Lolmau Paredez, seconda chitarra e voce: Teodero Lonely. L'arpa paraguaya è considerata lo strumento nazionale; differisce dall'arpa europea per molteplici caratteristiche come il timbro del suono, la forma e le dimensioni dello strumento, il numero di corde e la mancanza di pedaliera. La Polca ha origini europee, più precisamente la sua origine è della Repubblica Ceca. Il nome polca significa "medio", e si riferisce al passo medio che si esegue nella danza tipica. Il ritmo della polca è binario, ma in Paraguay si distingue per il ritmo ternario. Los Trovere de Luque ci tengono a far sapere che la polca paraguaya non ha nulla a che fare con la polca europea, e nemmeno con quella che si può ascoltare in altre zone del latino america o del mondo.  

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29-05-2007
Il 25 maggio in Argentina è festa nazionale, si celebra  l’indipendenza dal potere spagnolo e il primo governo argentino. Ogni città festeggia questo giorno più o meno allo stesso modo: al mattino nella via principale sfilano le varie sezioni dell’esercito, le comunita de los gauchos con i loro cavalli, le scuole e le comunita di immigrati davanti al palco delle principali autorità della città. Poi si dà il via ai festeggiamenti con concerti di folklore, parrilas e attività all’aria aperta (tempo permettendo). Tutti i ristoranti servono locro: una zuppa di vari tipi di carne, mais, patate, manioca e chi più ne ha più ne metta. Una vera delizia, anche se un po` pesante.  
 
 
 
 Io festeggio a Resistencia, una città della regione del Chaco, distante un ponte da Corrientes. Arrivo a qui grazie a Margarita Bussolon (Presidente della comunitá dei trentini), che mi invita a visitare la città perché dice che qui c’è una forte presenza artistica italiana. In questi giorni quindi faccio la spola tra Corrientes, per introdurmi nel mondo del Chamamè, e Resistencia, per incontrare i miei compaesani. Margarita è un’ottima organizzatrice, e in due giorni mi presenta tutti i rappresentati delle comunità, mi fa uscire su due periodici della zona, mi fa incontrare il Viceconsole d'Italia Pablo Posanzini, che ringrazio per il tempo concessomi, la sotto segretaria alla cultura e il direttore del teatro principale di Resistencia. Tra le moltissime iniziative a sfondo italiano organizzate dalle comunità di Resistencia,  un importante spettacolo “Resistiendo en Resistencia: vita speranza” con la regia di Javier Luquez Toledo. Sono stato invitato ad assistere alle prove, lo spattacolo tratta dell’immigrazione e dell’influsso di essa nella tradizione argentina. È una sorta di musical con molta musica italiana, al quale partecipano piú di trecento persone, tra attori, cori e ballerini. Moltissimi fanno parte delle associazioni italiane.
 
 
 
 
 A Corrientes ho incontrato un grande del Chamamé: Pocho Roch. Qui é considerato come il “supremo” di questo genere. Il contatto l’ho avuto sempre grazie al sig. Lopez.
La casa di Pocho è un autentico archivio musicale. Ha cinquant’anni di ricerca alle spalle: registrazioni in campo, documenti importanti, libri originali dell’epoca delle missioni gesuitiche e francescane, tutto catalogato per tipologia e data in cassetti ben ordinati. Pocho mi ha regalato tre ore del suo tempo, ma servirebbe fermarsi sei mesi solo qui, nella stanza della sua casa. Anche lui come José Castro di Concepción (vedi post: Chiama Rita a Concepción), non si esibisce più da tempo per motivi di salute, e anche questa volta sono riuscito (senza nessuna supplica) a fargli imbracciare la chitarra e a farmi suonare qualcosa. Nonostante la mancanza di esercizio, il risultato è a dir poco soddisfacente. Ascoltare per credere.

“Pueblero de alla ité” si chiama il Chamamé lento che metto qui sotto. È una composizione di Pocho Roch. Questo genere è tradizionalmente suonato con chitarra e accordeon o bandoneon. Pocho non è assolutamente tradizionalista, come invece si è rivelato essere José Castro di Concepciòn, e per le sue composizioni usa strumenti non caratteristici, come ad esempio il pianoforte digitale, utilizzato con vari timbri elettronici. Dice che questi riproducono in chiave moderna gli strumenti scomparsi degli aborigeni. Si possono ascoltare inoltre, in questo pezzo, influenze nettamente jazzistiche nell’armonia e nel “tocco”, anche se il ritmo rimane quello dei 6/8 del Chamamé. A tratti Pocho suona il giro armonico in modo tradizionale, ossia senza arpeggiare, e così il pezzo riacquista improvvisamente tutto il suo carattere folklorico. Le opionioni sulle origini di questo genere, sul significato del suo nome, sulle influenze delle musiche in esso, sono moltissime, tanto che gli etnomusicologi più conosciuti dispensano teorie il più delle volte contrastanti. C’è per esempio chi sostiene, senza fare nomi, che il primo Chamamé risalga al 1930, quando invece Pocho mi ha mostrato un articolo di una rivista di Buenos Aires (datata 1821) che parla già di questa musica. Sembra che il termine derivi dell’idioma Guarani (vedi articolo sotto) e che quindi abbia più di mille anni, ma anche le teorie sull’origine del nome sono moltissime e confuse. Del resto molti Chamamé sono scritti in questa lingua. È un idioma complicato, ma se lo si analizza, si scopre che è molto poetico. Pocho dice che lo spagnolo è ben distante dal raggiungere il livello poetico di questo idioma antico. Come la Chammarrita (vedi post sotto) e tutte le canzoni del litorale, anche il Chamamé parla di ciò che ha a che fare con il Rio, la gente di queste parti ed il loro carattere. 

Colgo l’occasione per ringraziare tutte le persone che ho incontrato in questi giorni e soprattutto Margarita Bussolon. Più foto su:  http://www.flickr.com/photos/ilcamminodellamusica/  CLICCA SU "STORICO" per visualizzare gli articoli precedenti; Klicca sobre "STORICO" para mirar otros articolos
 
Corrientes, capoluogo della regione omonima a 12 ore di bus a nord da Concepción del Uruguay. Conta quasi un milione di abitanti ed è situata nel punto dove confluiscono i due grandi fiumi della zona del Litorale, il Rio Paranà e il Rio Uruguay. Corrientes è il cuore del genere tradizionale di questa regione: il Chamamè.
 
Ad attendermi il signor Lopez, un senatore di Corrientes, amante della buona musica. Tramite le sue conoscenze mi procura in breve tempo un alloggio con camera e bagno privato a soli 5 Pesos (poco più di un euro), e contatti con i musici più rappresentativi del chamamè.
 
La sorte mi è amica, e nell’albergo alloggia anche un corpo di ballo folklorico di Monte Casero, il paese più a nord di Entre Rios. Ballerine e ballerini, tutti giovani e simpatici, sono qui per la presentazione del libro “MALVINAS, relatos de guerra de los AVA’ ÑARO (indios bravo)”, stasera alla Casa del Governo di Corrientes. Il libro è una testimonianza di una guerra, forse poco conosciuta, tra l'esercito argentino e quello del Regno Unito, che si è bruciata in soli 72 giorni nel 1982 sulle isole della Malvinas, nell’oceano Atlantico, poco distanti dalla Tierra del Fuego argentina. http://www.montecaserosya.com.ar/indiosbravos/home.asp
 
Tra i partecipanti alla presentazione ci sono dei veterani di guerra, tra i quali Vincente Pablo Còrdoba, l’autore del libro. Pablo è un nativo di Monte Casero, uomo con un gran senso dell’ironia ed uno sguardo che non nasconde un passato difficile e glorioso.
Veterani e ballerini, venuti a conoscenza di quello che sto facendo, mi invitano alla presentazione, così le prime ore a Corrientes si rivelano subito profique ed interessanti.
Nel bel palazzo del governo, situato nel centro della città, la presentazione del libro è ben organizzata: inizia l’esibizione del corpo di ballo, con costumi tipici da Paisano e Paisana e, tra le numerose danze, c’è ovviamente anche quella del chamamè, che inserisco nel filmato sotto. A seguire, un breve documentario con delle immagini originali molto suggestive. Poi il discorso dei vari presentatori del libro tra i quali Pablo. Parole molto forti, che azzittiscono la folla presente e creano un’attenzione carica di rispetto e ammirazione per degli uomini che sono stati costretti a combattere una guerra ingiusta, come tutte le guerre, una guerra che nessuno voleva, combattuta “con mezzi e condizioni non idonei”. Le reclute dell’esercito impiegato erano soprattutto giovanissimi indios che, reduci da una guerra tanto veloce quanto cruda, hanno avuto grossi problemi di reinserimento nella società. Questo è un libro scritto per "non dimenticare tutti quelli che offrirono la vita per il beneficio della integrità territoriale argentinache per distinte ragioni non furono riconosciuti ufficialmente".
 
A fine presentazione la tensione emotiva si scioglie per dare spazio all’allegria del gruppo. C’è la cena in uno dei migliori ristoranti di Corrientes, con la presenza di varie personalità del governo, e poi ritorno all’albergo con una corriera… dell’esercito. Finiamo la serata nel giardino dell’albergo con chitarre, accordeon e mate calliente y amargo (mate caldo e amaro), sicuramente meno formale, ma molto più divertente ed argentino.
Foto: Ruben Martini, io, Vicente Pablo Cordòba
Un saluto ad il corpo di ballo di Monte Casero e tutti i partecipanti della presentazione del libro.
Muchas gracias Pablo!!! Un Gusto!
 
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