
Reportage QUATTRO PROVINCE: Cartucce, sigarette e Tilion
Di Admin (del 17/04/2009 @ 00:28:53, in reportage, linkato 5660 volte)
La fisarmonica delle Quattro Province
Attilio Rocca (soprannominato Tilion) è un suonatore di fisarmonica, un uomo basso e robusto che vive a Ozzola, in Val Trebbia (PC); al nostro arrivo è fuori che affetta legna con una macchina che mai prima avevo visto. Ci saluta e con un atteggiamento di automatismo si dirige nella sua cantina e ne esce con un salame e un bottiglione di vino.
Raggiungiamo il salotto della vecchia casa costruita da lui ed il tavolo si trasforma presto in un prelibato banchetto. Su una credenza c’è una fila di cartucce ed una colonna di pacchetti di sigarette. Stefano Valla indicando questi elementi mi dice “Questo è Tilion”.
Stefano qui è di casa, Tilion per lui è come un padre ed è lui che gli va a prendere la fisarmonica e che gliela fa indossare. Suonano insieme un pezzo del vastissimo repertorio per piffero e fisarmonica, formazione doc della cultura musicale di queste parti. Un tempo era piffero – cornamusa, poi la fisarmonica ha sostituito lo strumento di accompagnamento, ma qui si dice ancora “filano come piffero e musa” riferendosi alle coppie felici. Suonano con molta energia; Attilio appoggia il mento sulla fisarmonica per guardarsi le mani, il suo atteggiamento un po’ stanco e sofferente sembra scomparire quando fa squillare le note del suo strumento.
È autodidatta, e si vanta di un uomo che una volta gli aveva detto “Gli altri fisarmonicisti saranno tutti più bravi di te, ma tu mi piaci più di loro”. Prima suonava la musa, ma ha sempre desiderato la fisarmonica e quando è riuscito ad averne una, imparava mentre faceva il pastore, rischiando molte volte di perdere le pecore assorto come era dal suono della prima canzone che cercava di imparare: “La barchetta in mezzo al mare”. Poi comincia la carriera da suonatore “fino a quando non sono finiti i bei tempi, quando si suonava sempre e si portavano a casa due lire”, si trasferisce così a Milano per lavorare come rottamato ma pochi anni dopo viene richiamato da un pifferaio (Ettore Losini), che lo convince a tornare e riprendere la sua vera attività.
Attilio è un musicista innato che non si è mai fatto mancare la musica. Stefano mi racconta che in assenza di strumenti aveva ingegnato un’arpa dentro un armadio che fungeva da cassa di risonanza. “Avevo l’orecchio assoluto e detestavo suonare in DO ma poi ho avuto una “ischemia musicale” e non sono più lo stesso suonatore di un tempo”. Stefano, che è un professionista e di fisarmonicisti ne ha sentiti parecchi, lo rassicura comunicandogli che il suo stile non è di certo perduto e lo incoraggia invitandolo a suonare un altro pezzo assieme a lui.
Questo bell’incontro mi riporta indietro di due mesi, quando in Friuli, in una delle prime tappe del Cammino della Musica, avevo incontrato grazie ad Andrea del Favero, Eliseo Iussa (vedi post Il suono tradizionale del Friuli).
Persone come Attilio ed Eliseo, sono testimonianze di un passato musicale ancora attuale che non va di certo dimenticato, ma dal quale bisogna attingere ed imparare per portare avanti una tradizione che possa modellarsi ai tempi correnti, cosciente dei valori che l’hanno creata.
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