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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 

 

dopo una lunga pausa forzata a causa della rottura del motore, Livio Andreuzza (vedi team) ha sistemato il camper per rimetterlo instrada.

AMICI CAMMINANTI! ABBIAMO BISOGNO DI UN MEZZO NUOVO. (Vedi appello)

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Un ringraziamento alla compagnia "Gli Zanni" che domenica mi ha ospitato per un VIDEO SHOW presso la "Sala degli Zanni" a Ranica (BG).

SPETTACOLO NELLO SPETTACOLO!! Dopo l'esibizione il pubblico presente, fondatori e sostenitori della compagnia hanno dato vita ad una bella festa con canti e balli a suon di campanine, baghèt e non solo.

Stessa atmosfera che si era creata dopo lo spettacolo a Comelico Superiore: EVVIVA LA MUSICA CHE STIMOLA. GRAZIE!!

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il piffero delle Quattro Province

Stefano pensava che rimanessi a Cegni una mezza giornata, il tempo di un’intervista e qualche registrazione… mi son fermato quindici giorni. Del resto le vallate dipinte di verdi lucenti, l’atmosfera di pace d’altri posti, l’accoglienza degli amici che ho incontrato e la musica unica di queste parti, sfidano anche il più qualunquista a dire di no a una permanenza prolungata.
Siamo a Cegni e dintorni, in provincia di Pavia, in quella zona denominata “Quattro Province” (Genova, Pavia, Alessandria, Piacenza), dove il territorio culturale va di là dalle amministrazioni di appartenenza. In questa zona appenninica si è mantenuta una storia legata da una stessa musica.
La prima occasione per ascoltarla me la offrono Stefano Valla e Daniele Scurati, inseparabili compagni di suono, che si esibiscono per il Cammino della Musica nella grande cucina blu della casa di Stefano. L’impatto è devastante: un blocco sonoro forte, deciso, completo, che perfora l’anima.
Sembrano in dieci e invece sono in due; piffero e fisarmonica, questa la formazione tipica della zona dove, dice Stefano, “non si è mai smesso di suonare”. Stefano è una persona con due grandi spalle, su di una porta la serietà e la professionalità, sull’altra ci sta un’ironia travolgente. La sua testa è capace di dosare sapientemente le due forze. I suoi amici dicono che è un professionista delle feste.
Lui e Daniele sono musici e lo fanno di mestiere, “suonatori” dicono loro.
Noi non siamo e non vogliamo essere la ricostruzione di un recupero isolato dal contesto sociale in cui siamo cresciuti”, dice Stefano: “Noi siamo cresciuti in questa zona, dove abbiamo sentito fin da piccoli il piffero”.
La forza di questi due musicisti e di altri di queste parti, sta nell’esser stati capaci di tradurre i comportamenti ereditati dai vecchi suonatori per i tempi attuali, ma senza sbalzi temporali, bensì in forma ininterrotta e senza rinunciare all’innovazione che rappresenta la continuazione della tradizione.
La tradizione è viva nel momento in cui riesce a mantenersi ed evolversi nello stesso tempo. Bisogna conoscere quello che è stato fatto prima per permettersi di innovare. Tradizione per me è conoscenza.
Una prova di questa tesi è quello che hanno fatto i vecchi suonatori della zona, quando agli inizi del ‘900 hanno deciso di sostituire la cornamusa (vecchia compagna del piffero) con la fisarmonica, “nuova amante del piffero”, adeguando e riformando il repertorio “tradizionale”. Allora, che cosa è tradizione? O meglio, 'quando' è tradizione? Domande tanto assurde quanto inefficaci perché non ha senso fissare paletti spazio-temporali a una forma artistica e culturale in continuo movimento.

 

Stefano mi racconta che ha avuto un grande rapporto artistico e umano con i suoi maestri Ernesto Sala e Andrea Domenichetti, valori che sta trasmettendo anche ai suoi allievi. Dice di essersi reso conto, quando è morto il suo ultimo maestro, di non avere più nessun punto di riferimento e che 'la palla ora è passata a lui'. Ricorda che lo stesso maestro che viveva in un paesino di poche anime a 1100 metri diceva: “Questa musica è locale ed europea insieme”, e ora Stefano e Daniele affermano: “Noi suoniamo come i suonatori di 100 anni fa, ma siamo anche gli stessi che oggi stanno girando l’Europa suonando questa musica”. E la musica che suonano i musicisti delle Quattro Province deve funzionare tanto nel rituale di un matrimonio locale, quanto sul palcoscenico di un teatro europeo. “Suonando in modo qualitativamente meritevole”. La musica delle Quattro Province infatti richiede molto studio e dedizione, soprattutto, consapevolezza.
SECONDA PARTE:

Qui le feste sono una faccenda “seria” ed ho avuto, tra le altre, la fortuna e l’opportunità di partecipare ad un matrimonio. Non è che si usi ancora spesso celebrarlo come un tempo, mi raccontano gli sposi Stefano e Serena, ma a volte capita, e allora i suonatori vanno a prendere la sposa sotto casa e le dedicano una canzone che racconta del distacco dalla famiglia per addentrarsi nel mondo di coppia. Ci sono poi altre musiche dedicate a vari momenti del rituale e si finisce come di consueto al ballo finale, che è aperto a tutta la comunità e non solo agli invitati del matrimonio.

Il palco delle feste è solitamente un tavolo. Spetta all’organizzatore della festa accertarsi che regga il peso dei suonatori. L’articolarsi della festa ha dei codici e delle regole che musici, ballerini e partecipanti in generale conoscono e rispettano da tempo. Ricordo che ad un certo punto del ballo, durante le nozze, qualcuno fece notare a dei suonatori di aver fatto durare troppo a lungo una mazurca e i danzatori avevano così perso il senso del ballo. Stefano mi spiega però che non sempre dove c’è un ballo c’è una festa: per farlo diventare tale ci vuole una certa abilità del suonatore, il suo intuito e soprattutto l’esperienza. È al suonatore quindi che spetta il ruolo di sacerdote dei festeggiamenti, in grado di soddisfare i suoi adepti-danzatori con le giuste orazioni musicali fatte di alessandrine, monferrine, valzer, mazurche e polche. Non è per nulla eccessivo affermare che in queste feste si avverte qualcosa di spirituale. Come si potrebbe altrimenti spiegare una resistenza fisica che permetta ai musici di suonare senza sosta per ore ed ore? Stefano parla di una specie di trance benefica, sana, pura, che dà al tempo che passa un significato del tutto relativo: “A volte suoniamo per dieci ore senza nemmeno accorgercene”.

Durante queste lunghe ore che vorresti non finissero mai, l’intreccio melodico di piffero e fisarmonica crea un suono ipnotico. Sono sicuramente una coppia vincente, seducente, indissociabile, unica nel suo genere e simbolo di una cultura musicale che ha saputo modellarsi ai tempi trovando sapienti soluzioni e geniali innovazioni.

PIU' FOTO

Ringraziamenti: Stefano Valla e Daniele Scurati, Massimo Perelli, Matteo Burrone, Renata Tommasella,  Roberto Cariotti e Romana, Bernard Blanc e Philippe, Adriano Angiati e gli sposi, Anna, Loredana, Laura, Ettore e Carla, Cleto Marini, Helen, Giorgio Carraro, Maurizio di Romagnese e Urby, Martina catella.

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Attilio Rocca (llamado también Tilion) es un acordeonista, un hombre bajo y robusto que vive en Ozzola, en Val Trebbia (PC); apenas llegamos lo vemos afuera de su casa que corta leña con una máquina que nunca había visto antes. Nos saluda y con un movimiento casi automático va hacia su bodega y sale con un salame y una gran botella de vino.
Entramos en el salón de su vieja casa que construyó él mismo y la mesa se transforma pronto en un banquete exquisito. Sobre un mueble veo una fila de cartuchos y una columna de atados de cigarrillos. Stefano Valla, indicándome estos elementos me dice “Este es Tilion”.
Stefano aquí es conocido, Tilion para él es como un padre y es él que va a buscarle su acordeón y se la pone. Tocan juntos un tema del vasto repertorio para flauta y acordeón, formación original de la cultura musical de esta zona. Hace un tiempo era flauta y cornamusa, luego el acordeón sustituyó el instrumento de acompañamiento, pero aquí se sigue diciendo “van bien como flauta y musa” haciendo referencia a las parejas felices. Tocan con mucha energía; Attilio apoya el mentón sobre el acordeón para mirarse las manos; su actitud un poco cansada y de sufrimiento parece desaparecer cuando toca las notas de su instrumento. Luego, cuando para, tose y le falta el aliento.

Es un autodidacta y se jacta de haber encontrado un hombre que un día le dijo “Los otros acordeonistas serán mejores que vos, pero me gustás más que ellos”. Antes tocaba la cornamusa, pero desde siempre deseó el acordeón y cuando pudo conseguir una, aprendía mientras hacía el pastor, arriesgándose muchas veces de perder las ovejas, perdido y concentrado con la primera canción que trataba de aprender: “La barchetta in mezzo al mare”. Después empezó la carrera de músico “hasta que no terminaron los buenos tiempos, cuando se tocaba siempre y se podía traer a casa algún dinero”; emigró a Milán para trabajar en un vertedero de autos usados, pero años después lo llama un flautista (Ettore Losini), que lo convence a volver y retomar su verdadera actividad.
Attilio es un músico innato, que nunca abandonó la música. Stefano me cuenta que cuando no tenía instrumentos había inventado un arpa en un placard,  que servía como caja de resonancia. “Tenía el oído universal y detestaba tocar en DO, pero después tuve una ‘isquemia musical’ y no soy más el mismo músico de antes”. Stefano, que es un profesional y escuchó ya a muchos acordeonistas, le asegura que su estilo no se perdió y lo alienta invitandolo a tocar otro tema con él.
Este lindo encuentro me hace viajar atrás de dos meses, cuando en Friuli, en una de las primeras etapas del Cammino della Musica, había encontrado gracias a Andrea del Favero, Eliseo Iussa (ver post Il suono tradizionale del Friuli).
Personas como Attilio y Eliseo, son los testimonios de un pasado musical aún actual que no tiene que ser olvidado, sino más bien del que hay que sacar conocimientos y aprender para llevar adelante una tradición que pueda adaptarse a los tiempos actuales, pero que sea consciente de los valores que la crearon.
Traduccion: Sabrina Espeleta
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Nonostante la rottura del motore a Milano (vedi a lato), sono riuscito ad arrivare quasi in tempo per il matrimonio a Cosola, per assistere alle usanze musicali legate a questo rituale e alla festa.

GRAZIE AGLI SPOSI E TANTI AUGURI!!!

Oggi qui sotto offro una bella canzone (La pianta verdolina - Marcellina) cantata da Stefano Valla e Daniele Scurati, un po' malinconica, ma in linea con l'emozione che mi accompagna alle porte di questa bella valle.

Grazie a tutti e a presto !

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Attilio Rocca (called Tilion) is accordion player. He is a short and tough man who lives in Ozzola, Val Trebbia (PC). At our arrival, he is outside cutting wood with a machine I have never seen before. He says hallo and with an automatism attitude he heads to his cellar and comes out  with a salami and a bottle of wine
 
We reach the living room of the old house built by himself and the table becomes soon a banquet. On a kitchen cabinet there is a row of cartridges and a column of packages of cigarettes. Stefano Valla, indicating these elements, tells me "This is Tilion".
Stefano is at home here, Tilion is like a father for him and it is him who goes to take the accordion and that makes him wear it. They play together a piece of the huge repertoire for pipeand accordion, the authentic formation of the musical culture of these places. Once it was pipe- bagpipe, then the accordion has replaced the accompaniment instrument, but here they still say " they are  as pipe and bagpipe " referring to the happy couples. They play with great energy;  Attilio lens his chin on the accordion in order to watch his hands, his tired and suffering attitude seems to disappear when he plays the notes of his instrument.
Then when he stops he is breathless and coughs.

He is self-taught, and he boasts of a man who once said "The other accordionists are better than you, but I like you more than them." Before he used to play the bagpipe, but he has always desired the accordion and when he has been able to have one, he learned while working as pastor risking, many times, to lose the sheeps as he was absorbed by the sound of the first song that he was trying to learn "The little boat in the middle of the sea. " Then his player career began "until the good old days have finished, when you played all the times taking home two pounds”. Thus he moved to Milan to work as scrapper but a few years later, a piper (Ettore Losini) convinced him to return and resume its true activity.
 
Attilio is a natural born musician who has never been without music. Stefano tells me that in the absence of instruments he created an harp inside a closet that acted as sounding board. "I had perfect pitch and I hated playing in DO, but then I had a "musical ischemia" and I was no longer the same player then once." Stefano, who is a professional and has listen to several accordionists, assures him telling that his style is certainly not lost, and he encourages him inviting to play another piece together.
 
This nice meeting brings me back two months ago, when in Friuli, in one of the first stages of the il cammino della musica, I met, with Andrea del Favero, Eliseo Lussa (see post: The traditional sound of Friuli).
People like Attilio and Eliseo, are evidences of a musical past that is still present and that won’t be certainly forgotten, but from which we must draw and learn to carry on a tradition that could be shaped to the current times, conscious of the values that created it.
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La fisarmonica delle Quattro Province

Attilio Rocca (soprannominato Tilion) è un suonatore di fisarmonica, un uomo basso e robusto che vive a Ozzola, in Val Trebbia (PC); al nostro arrivo è fuori che affetta legna con una macchina che mai prima avevo visto. Ci saluta e con un atteggiamento di automatismo si dirige nella sua cantina e ne esce con un salame e un bottiglione di vino.
Raggiungiamo il salotto della vecchia casa costruita da lui ed il tavolo si trasforma presto in un prelibato banchetto. Su una credenza c’è una fila di cartucce ed una colonna di pacchetti di sigarette. Stefano Valla indicando questi elementi mi dice “Questo è Tilion”.
Stefano qui è di casa, Tilion per lui è come un padre ed è lui che gli va a prendere la fisarmonica e che gliela fa indossare. Suonano insieme un pezzo del vastissimo repertorio per piffero e fisarmonica, formazione doc della cultura musicale di queste parti. Un tempo era piffero – cornamusa, poi la fisarmonica ha sostituito lo strumento di accompagnamento, ma qui si dice ancora “filano come piffero e musa” riferendosi alle coppie felici. Suonano con molta energia; Attilio appoggia il mento sulla fisarmonica per guardarsi le mani, il suo atteggiamento un po’ stanco e sofferente sembra scomparire quando fa squillare le note del suo strumento.
Poi quando smette tossisce e ha il fiatone.

È autodidatta, e si vanta di un uomo che una volta gli aveva detto “Gli altri fisarmonicisti saranno tutti più bravi di te, ma tu mi piaci più di loro”. Prima suonava la musa, ma ha sempre desiderato la fisarmonica e quando è riuscito ad averne una, imparava mentre faceva il pastore, rischiando molte volte di perdere le pecore assorto come era dal suono della prima canzone che cercava di imparare: “La barchetta in mezzo al mare”. Poi comincia la carriera da suonatore “fino a quando non sono finiti i bei tempi, quando si suonava sempre e si portavano a casa due lire”, si trasferisce così a Milano per lavorare come rottamato ma pochi anni dopo viene richiamato da un pifferaio (Ettore Losini), che lo convince a tornare e riprendere la sua vera attività.
Attilio è un musicista innato che non si è mai fatto mancare la musica. Stefano mi racconta che in assenza di strumenti aveva ingegnato un’arpa dentro un armadio che fungeva da cassa di risonanza. “Avevo l’orecchio assoluto e detestavo suonare in DO ma poi ho avuto una “ischemia musicale” e non sono più lo stesso suonatore di un tempo”. Stefano, che è un professionista e di fisarmonicisti ne ha sentiti parecchi, lo rassicura comunicandogli che il suo stile non è di certo perduto e lo incoraggia invitandolo a suonare un altro pezzo assieme a lui.
Questo bell’incontro mi riporta indietro di due mesi, quando in Friuli, in una delle prime tappe del Cammino della Musica, avevo incontrato grazie ad Andrea del Favero, Eliseo Iussa (vedi post Il suono tradizionale del Friuli).
Persone come Attilio ed Eliseo, sono testimonianze di un passato musicale ancora attuale che non va di certo dimenticato, ma dal quale bisogna attingere ed imparare per portare avanti una tradizione che possa modellarsi ai tempi correnti, cosciente dei valori che l’hanno creata.
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Un assaggio della musica che si suona nei posti dove mi trovo

MAZURKA DI IVANO (Stefano Valla, piffero - Daniele Scurati, fisarmonica)

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TESTIMONIANZA SCRITTA DA DIEGO PERNICI, OSPITE DEL CAMMINO DELLA MUSICA PER IL WEEKEND
Sabato 4 Aprile ore 8:15. Stazione Centrale di Milano
Sono in partenza per Cuneo, dove mi aspetta Andrea con il camper per andare a Demonte nelle Valli Occitane. Si prospetta un w-e interessante all'insegna della tradizione più viva e, ai più, sconosciuta.
Dopo quasi 4 ore di viaggio, arrivo nella stazione di Cuneo. Esco e vedo il camper. Andrea mi accoglie come sempre, con un gran sorriso e un forte abbraccio porteño (avendo vissuto assieme a Bs As, ci sentiamo un po' porteñi).
Ci dirigiamo a Demonte che, all'ora di pranzo, è deserta.
Questa è una delle cose che si notano di più uscendo dalla grande città, come Milano, dove io vivo.
A pranzo, a Demonte, sono tutti a mangiare. Non c'è in giro nessuno. I ritmi della giornata sono ancora segnati dai ritmi dell'uomo.
Nel pomeriggio iniziamo a sentire le prime voci nel parcheggio dove siamo stazionati e vediamo che sono ragazzi con delle custodie strane: sono musicisti. E' il nostro momento. Prendiamo telecamera, macchine fotografiche e partiamo all'inseguimento.
Ci ritroviamo ad assistere alle prove generali dei vari gruppi giunti per la festa "Prima d'Oc".
Ghironde, organetti, flauti, tamburi, arpe, mandolini, basso tuba. Insomma, tutti strumenti che al giorno d'oggi non vengono utilizzati spesso.
Oltre alla varietà di strumenti, tra cui appunto la ghironda che fino ad oggi non conoscevo, c'è anche una varietà di persone: ci sono bambini, giovani, anziani, donne e uomini, tutti uniti dalla stessa passione e dalla stessa radice: quella occitana.
Sabato 4 aprile ore 22:30
Siamo nella bocciofila di Demonte, dove sta per iniziare la grande serata di balli e musiche. Si accordano li strumenti e poi... via: si parte per questo viaggio di danza e musica popolare che mi porta in tempi remoti. La gente inizia a saltare, le mani si muovono e tutti sorridono.
Si susseguono i brani e la temperatura della sala si fa sempre più calda. Fuori piove. Dentro si respira un clima bellissimo.
Alla fine anche io e Andrea veniamo coinvolti in queste danze di gruppo. La gente non ha nessuna voglia di fermarsi. I balli e le musiche continuano fino a notte fonda, con Grappa finale.
Domenica 5 Aprile ore 10:30
Sveglia in camper nel solito piazzale.Sposto la tenda. Siamo circondati. Durante le prime ore del mattino (cioè verso le 9:30... ma siamo andati a nanna molto tardi!) sono arrivati da tutta la valle per l'ultimo giorno di festa. Questa volta il luogo sono le piazze e le vie di Demonte, chiuse al traffico per l'occasione. L'atmosfera è d'altri tempi. Vado a prendermi un caffè e un croissant in una pasticceria consigliata dai locali e mi imbatto in un gruppo di suonatori sotto i portici della via principale, proprio davanti al caffè dove mi stavo dirigendo. Bello questo clima, questo risveglio. Io, che strimpello da anni la batteria, sogno città e paesi dove si possa suonare liberamente per strada e oggi si sta avverando.
Alle 17 c'è il grande concerto finale di ghironde. Uno dei parcheggi del paese diventa, per una volta, una sala da ballo con musica dal vivo, a cielo aperto! Fatico a intrufolarmi tra la gente per fare qualche ripresa e alcune foto per il blog. Incrocio sguardi conosciuti. Sì, perché in soli due giorni, io e Andrea ci siamo inseriti in questa cultura, andando ogni tanto a disturbare le prove o i concerti per fare le foto o le riprese, ma ci hanno sempre accolto benevolmente e con il sorriso o, di fronte alla domanda se potevo fare foto, mi sentivo rispondere: "Sì, però prendimi dal mio lato migliore!" . Questa è per me la sintesi di questa due giorni al confine con la Francia.
Le persone sono quelle che ti lasciano qualcosa. Sono i loro modi, i loro sguardi e le loro parole, che mi porto via, sul treno del ritorno verso Milano.

Una nota simpatica: a me la custodia della ghironda fa simpatia, perché sembra una navicella spaziale!

DIEGO PERNICI

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Who could ever think that from those heavy bells, producing unpleasant messy sounds, disturbing with arrogance the quiet of the surroundings from the belfry, remembering that it is late, can get out a melody able to gladden the most sensitive ear? That's what happens in the valleys of Bergamo, where a walk can often be accompanied by the eco of the concerts from the various bell towers around the area.
 It is evening when the camper peeps out in Nembro, a village of the Bergamo province located in the middle of Val Seriana. A boy indicates me to park in the middle of the parking, then without even introducing himself he informs me he needs a shower because the bell tower, from where he arrives, was dirty and full of dead pigeons, one of which has inevitably fallen on the head of another bell player. Thus, Nicola Persico, vice President of the Bells Players Federation of Bergamo, gives me his welcome and he announces me that the day after we must wake up early to go and ring the bells in the nearby Zanica.
 
The journey to get to the concert is accompanied by Nicola’s estimations about the detailed heights of the various bell towers that we find along the way: "this is 23 meters high, but inside there are only 5 bells”, “ our bell tower has eight bells "Then he  introduces some future projects," within two years we will have to buy two more bells for the tower of... "I ask about the cost of a bell and I prefer not to write it!
 
In a village near Nembro a missionary priest back from Bolivia, perhaps influenced by Latin American vitality, has naively painted church bells with different colours: in the valley they consider it a sacrilege!
 
In another village, there is a person who has built in his garden the final part of the bell tower, filling it with concert bells;inside his house you can listen to more than 2500 bells from all over the world.
 
 In Zanica during the concert the clapper of the fourth bell suddenly broke off; the next day it will be taken by emergency to a bells specialized carpenter to be repaired immediately.
 
In this area there is a parochial way of thinking. Every village  has its own bell heritage and its music repertoire and the local community would prefer to renounce to eat instead of not beeing able to contribute to the maintenance and improvement of the village bells..
 
The bells world can be divided into three groups: "bells”, “bells of joy" and " little bells". The first are those located in the bell tower which are activated by classical strings; the ability of Bell players group is to synchronize the time of the bell clapper toll in order to have a melody with a regular rhythm.
 
To play of joy, means using a special keyboard located just below the bells whose large keys are connected by iron wires to the bell clappers. The bell player is soloist in this occasion, he uses his fists to make pressure on the key activating the corresponding bell. In this way the bell player shows his musical ability.
 
The bell player is certainly not obliged to go up to the bell tower when he needs to practice, he would risk to disturb the whole community. He uses a small keypad, called "Campanina"(small bell), a kind of xylophone whose notes are produced by arms with cork stoppers beated on pieces of glass decreasing gradually, so as to form the musical scale.
 

The small bells allow the bell players repertoire to move from the ecclesiastic canons to embrace the profane ones. In fact, the past practice was to bring the bells in the taverns tolling them at the sound of polkas, mazurkas and scottish, combined with other instruments like the accordion, clarinet, guitar, mandolin, bass and more.
 
Today in the Bergamo valleys dozens of boys attend small bells courses in order to be able to play the sound of joy and even to lift up with the rope the 25 hundred kilos of the largest bell of the bell tower. A good example is the Roncobello school, directed by Luca Fiocchi, president of the Bergamo Bell Players Federation. Watch the video to believe.
 

MOREPICTURES
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Thanks to: Luca Fiocchi and the boys of Roncobello school, Valter Biella and his family, Nicola Persico, Giorgio Persico, organ player,  who allowed me to park the camper in his laboratory, his assistant, for the beer and good advices, the mayor of Casnigo, the musicians: Giuseppe Signori (from Albino, son of Mario, bell ringer in Albino), Lucio Mariani, Teresa Villa, Giampietro Crotti, Renata Tomasella.
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The song below is titled "Salzburg", and is played with small bells, bass, guitar, accordion, ocarina, baghèt. The bell tradition was about to disappear because of the inevitable social and cultural changes, the substitution of bells activated by the rope with the electrically activated ones, and the restrictions induced by SIAE to control the repertoires, but “by a hair” as he says, the great Valter Biella, almost miraculously, discovered a book in which an old bell player wrote out the music performed in the bell tower (this is rare because normally the bells players learned their repertoire by ear and even they didn’t give a title to the songs, perhaps a number). Thanks to this discovery and the recovery work of Valter, the bell player material could be popularized and even strengthened by the new generation of bell players that, with pride, has taken possession of their grandparents music, giving it new meanings, as in this piece.
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