La domanda che più mi frullava in testa fin dalla partenza del cammino era: "Dove passerò il ferragosto?" Tutta l'Italia musicale offre il meglio di sé proprio in questo giorno e gli addii declamati fin ora nelle tappe raggiunte erano seguiti da "torna a trovarci a ferragosto che qui facciamo una festa bellissima". Devo dire che la mia indecisione unita all'eccessiva offerta di presenza, mi ha creato spesso momenti di frustrazione. Così un po’ per disperazione, un po’ per non offendere nessuno, ho deciso di trascorrere questo periodo slegato dal progetto e legato ai miei istinti personali. Diciamo pure che mi son preso anche io una vacanza.
Ciò significa che in questo post non scriverò, come ho fatto fin ora, un reportage su una cultura musicale; mi limiterò però ad inserire due schegge dei momenti trascorsi e spiegarne l’essenziale.
La notte del 14 agosto è stata la Madonna di Materdomini a guidare me e i miei amici campani a Nocera Superiore (SA) per passare una notte tra la sacralità del santuario e la profanità della tamurriata. Orde di paranze di suonatori invadono il piazzale ed il sagrato della chiesa; per tutta la notte fino all’alba si creano cerchi di musica un po’ ovunque, si può ascoltare la giuglianese, la pimontese, quella dei monti lattari, canti a fronna di limone… mentre migliaia di fedeli entrano nel santuario a baciare la Madonna. Marco mi racconta che fino a due anni fa la tammurriata si suonava dentro le mura sacre, ora pare che non si possa più fare...
Il giorno di ferragosto invece è stato affrontato degnamente con la consueta mega abbuffata, seguita da uno degli appuntamenti più attesi dai suonatori e adepti della tradizione musicale campana: la festa di Biagino. Di lui ho sentito parlare fin dal primo giorno del mio arrivo in Campania (vedi Cantà 'ncopp'o tammurro ! La Tammurriata ) come di uno tra i più stimati e sapienti cantori campani. Biagino ogni anno dal 14 luglio istalla la Madonna dell’Assunta nella piazzetta di San Marzano (SA) e la omaggia di abbondanti doni floreali e canti sacri. Il 15 di agosto tutto questa devozione sfocia in una grandiosa festa di tammurriata, dove anziani, giovani e bambini si scatenano in balli sfrenati e canti che di sacro hanno solo la loro bellezza. Si tratta di una festa per tutti ma molto intima, alla quale pochi hanno l’onore di partecipare. Coperte appese ai balconi delle case, popolo rumoroso tra viuzze strette da fatiscenti case illuminate da una luce irreale, decine di castagnette che battono nelle mani dei danzatori, femminielli, vecchiarielli, tammorrari e la Madonna che osserva senza dire nulla. Poi alla fine un canto devozionale di ossequio alla Vergine e la festa anche per quest’anno è finita.
Un ferragosto azzeccato, un ritorno tra bellissima gente e un’evocazione ad emozioni che solo nel lontano Brasile avevo vissuto.
Una kermesse di musica, gruppi ed incontri quella di “Valfino al Canto”, IV edizione della festa della musica di Arsita (TE).“Il Cammino della Musica” per la prima volta nel viaggio, veste i panni di “Media Partner” occupandosi di diffondere nell’etere i momenti cruciali della festa e trasmettere le dirette dei concerti nel blog con C6.TV.
La direzione artistica, ben interpretata da Marco Magistrali e Gianfranco Spitilli (www.bambun.webnode.com) ha saputo sapientemente offrire al pubblico di Arsita numerose opportunità culturali di ottima qualità, momenti di ascolto, di riflessione e di divertimento, che non sono mai mancati dall’alba all’alba dei tre giorni di celebrazione. Direi che quella di Arsita è una festa dove serietà e pazzia convivono senza litigio.
Ad aprire la fasta il 9 agosto la folle processione della santa Flurijì (fiorire), protettrice della festa, dei suonatori e di tutte le fioriture, bardata di lucette elettriche che alterano la luminescenza della sua santità: “Ce la siamo inventata nel 2007, e da allora Arsita ne richiede la presenza. L’anno scorso un paesano volle pure mettere un banchetto con un offerta di vino per la santa e i suonatori, e il gesto che la santa fa di roteare la mano in segno di saluto viene a tratti ripetuto dalle genti che stanno in strada quando passa… insomma ci siamo inventati un bizzarro culto. Non è una divinità pagana, un anno fu accompagnata da me vestito da Sant’Antonio Abate, altre volte da un pazzariello banditore, altre dal Don Filippo Lanci vestito da intermesolano del ‘700 che declamava improvvisazioni in rima in suo onore. L’anno scorso abbiamo pure fatto e distribuito delle specie di santini” mi racconta Gianfranco.
La processione che normalmente partiva dalle scuole in direzione del centro storico, ha quest’anno invertito il tragitto: il centro storico terremotato non può essere attraversato, quindi la santa, anche simbolicamente, esce dal cuore del paese desolato in direzione della festa, accompagnata dalla “Bellante Sband” che interpreta una particolare marcia dei bersaglieri, dai magnifici pupazzi del Teatro del Corvo di Ovada (AL) e da tutto il gaio popolo di Arsita.
“Il terremoto ci ha anche costretto a cambiare le varie location culturali, ma questo ci ha permesso di rinnovare la festa e darle nuovi significati” mi racconta Francesco Ferrante che assieme alla moglie Caterina Cacciatore e all’ Associazione Altofino animano da 15 anni Arsita. “Quest’anno infatti abbiamo optato per sistemare le bancarelle di cibo e alcool lontano dai concerti e dalle vie del paese creando una sorta di selezione naturale tra chi vuole godersi la musica e chi invece la birra” La volontà di Francesco è quella che “Valfino al canto” rimanga una festa popolare paesana, senza deragliare nel tempo, come spesso accade per questo genere di manifestazioni, in mega festoni che cedono l’aspetto culturale a quello commerciale attirando incontrollabili bolge umane.
Le vie del paese sono animate dai vari gruppi invitati, provenienti “dalla Val Fino, delle valli vicine e da altre più lontane, dove non si vede il Gran Sasso” ed il mio passeggiare senza meta è puntellato da incontri che mi sbalzano la memoria a formidabili esperienze vissute durante questo cammino della musica. C’è Giannina Malaspina, anziana cantastorie che avevo incontrato a Garrufo di Campli (TE) (vedi “Il Cantastorie ritrovato”), trascinata qui dal nipote Francesco di Carlo suo nuovo compagno di musica. Giannina mi ha trattenuto una notte intera con i suoi racconti nostalgici, a tratti le scendono le lacrime, poi affronta la platea cantando un pezzo su Sant’Antonio, uno di quelli che faceva un tempo con il marito per le case e diventa un “animale da palcoscenico”. Fantastica la scena quando alcuni abitanti di Arsita ai quali Giannina faceva visita, la riconoscono e si emozionano.
C’è Raffaele Inserra con le sue magiche tammorre (vedi “Cantà 'ncopp'o tammurro ! La Tammurriata”) sarà lui con la sua “Paranza dei Monti Lattari” a far scatenare la folla in balli ritmati dalle castagnette. Un mattino è venuto con Biagino vedi “Crisi da Percorso” a bere un caffè al camper del cammino della musica, non ho capito molto di quello che diceva, ma ha così risuonato la sua tammorra che mi aveva regalato a Scapoli.
Immancabili “Li Sandandonijrë” di Penna S. Andrea (TE). Incontrati, trasmessi, filmati numerosissime volte dal cammino della musica (vedi “Festa a Penna Sant’Andrea”, “L’energia della tenda”, “Italiani popolo di romantici”) che tra le altre hanno cantato “La Buonasera”, uno dei canti che il gruppo fa entrando nelle case i giorni precedenti la festa di Sant’Antonio Abate.
Il 12 agosto al mattino Arsita è semideserta, qualche stoico festaiolo vagabonda ancora per le vie pensando chissà a che cosa, qualcun altro si “riposa” esanime nelle panchine, Giannina invece che è andata a letto alle 3 è già in piedi e canta seduta su una sedia vicino all’osteria del paese.
Al prossimo anno.
Ringraziamenti:Gianfranco Spitilli, Marco Magistrali, Caterina Cacciatore, Francesco Ferrante, Silvia de Chirico (fotografa), Ermanno (ha reso possibile le dirette televisive cedendo la sua linea internet che vagava per la piazza di Arsita)
Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia, 17 agosto, l'estate che comincia a finire... aaaaaaaaaaaarrrrrrrrggggggg!! E sono ancora fermo a Napoli dove ogni giorno c'è un'occasione per fermarsi e le persone che incontro diventano sempre più affezionate. Poi è tempo di ferie, mi serve un meccanico ma non ne trovo e i miei contatti musici dei paesi che mi mancano da visitare sono in giro a suonare o in vacanza. E così tra indecisione, telefonate vuote e occasioni napoletane, sto qui in questa atmosfera magica che solo questa terra sa dare, completamente immerso nel mio cammino con un profumo di esotismo che mi fa davvero sentire distante da casa e nonostante l'immobilità attuale, sempre, avanti tutta. Yeah
Nápoles, Gragnano: la vista desde aquí arriba me recuerda Rio de Janeiro: mar, ciudad, montaña, ¡en secuencia rápida y espectacular! En vez se trata del Golfo de Nápoles y desde aquí se puede ver Ischia, Procida, Sorrento y el Vesuvio. Estoy en el taller de dos tamorrari (músicos de Tammorra), entre los más conocidos y temidos de los montes Lattari y de la región Campania en general: Raffaele Inserra y Catello Gargiuolo. La atmósfera es la de una pelicula del lejano oeste, con cactus, calaveras de vaca, palafitos en madera; en realidad este espacio tan sugestivo es un centro recreativo para jóvenes en situación de exclusión social que aquí pueden ser educados a través de la cultura de esta zona: la tierra, sus productos y la tammurriata. Los chicos aquí aprenden a construir y tocar la tammorra (un tambór parecido a la pandereta N.d.T), cultivar la tierra con productos típicos y criar animales de diferentes tipos. Este es el proyecto social de los músicos napolitanos reunidos en la asociación cultural “Incanti”. ENGLISH VERSION - VERSIONE ITALIANA
El impacto sonoro que sigue el canto a 'Fronna' o más exactamente la 'fronn' 'e limone' (fronda de limón), alimentado por la visión sugestiva que se presentaba frente a mis ojos fue devastador. La vibración reiterada del tambór rinde sorprendente esta forma de canto acompañado: hipnótico y arrastrador.
No se percibe la necesidad de otros soportes sonoros, aunque muchas veces organitos, putipúi, trompetas de gitanos (marranzano) y triccheballacche enriquecesn la canción, pero son el canto y el tambór los dos elementos más importantes, independientes del resto y inevitablemente dependientes el uno del otro. No todos son capaces de estos prodigios, aunque según Raffaele y Catello ultimamente hay músicos de tammorra por todas partes y aunque parezca que tocar un tambór cantando algo podría parecer fácil, ciertos impactos se consiguen solo con muchos años de experiencia, sobretodo de conocimiento de la tradición a través de la observación de las generaciones precedentes y la participación en ellas. Sin estos elementos, no se puede hacer Tammurriata, sino una cosa nueva, sin un significado preciso, sin una identidad y muy dañina para la tradición. “Esta es una tradición milenaria pero su origen es siempre muy clara”, dice Catello “y cuando escuchás cantar a un anciano, no es solamente él que canta, sino canta con toda la experiencia de aquellos que lo precedieron y esto se reconoce en la riqueza del sonido en la interpretación...cuando se crea algo nuevo sin respetar el pasado, todo esto se pierde”.
Vivir una tradición significa saber interpretar los sonidos del pasado y darles un significado coherente en el presente: para esto la burguesía, nacida bajo otros canones con respecto a la sociedad campesina, no podrá nunca más tocar la tradición si no se tomará el tiempo de conocer los códigos que la crearon. Todo esto vale también para el baile de la Tammurriata que hoy asume formas y códigos seguramente muy diferentes con respecto a los de un pasado en que no era socialmente aceptado un contacto físico “provocador” entre los bailarines. Hoy que estos tabúes obviamente desaparecieron, el riesgo es una vez más que se cree una forma de danza nueva, estéril y vaciada de la “pureza” del pasado. Solo con sabiduría y respeto se podrá adaptar un movimiento - principalmente vinculado a tradicionales códigos rurales - a una moderna dimensión social que admite nuevos comportamientos, sin vulgarizar su valor.
Lo saben muy bien los bailarines que encontré los días pasados en Campania (ver fotos). Raffaella me cuenta que una vieja bailarina del pueblo durante una fiesta la nombró su digna heredera.
Por ello, si les ocurre pasar por estas zonas y tendrán la oportunidad de asisitir a una fiesta de pueblo en la que se baila y se toca hasta tarde, disfruten de la fiesta y háganse llevar por la energía de la tamurriata y de la hospitalidad de músicos, bailarines y cantantes, pero intenten también de discernir entre quiénes entre ellos están valorizando una tradición, de los que simplemente se desahogan a través de algo que no les pertenece. No es necessario ser expertos de etnomusicología o napolitanos…esta sensación se percibe muy claramente y llega derecha al corazón, no se puede explicar con las palabras, se entiende simplemente en la vibración del tambór que se coordina con la voz y se traduce en movimiento.
Texto: Andrea Zuin - Traduccion: Sabrina Espeleta - Subtitulos: Anna Finotti
Agradecimientos:Raffaele Inserra, Catello Gargiuolo, Raffaella Coppola, Maurizio Graziani Pollicino, Pietro Pisano, Marco Limato, Zi’ Giannino, Zi’ Rocco, Peppino di Febbraio, la mujer de Raffaele, Iram, Fabrizio, Zeus, Dario Mogavero, Marilù Poledro, Alessandra Dell’aglio, Enzo, Domenico, Carmine Carbone y su familia.
It was a must the meeting of the il cammino dell musica with one of the key symbols of the Sardinian culture:the launeddas. It is an instrument as simple in its structure as complicated in its execution technique. Its origins were lost in the ancient nuraghic period; the discovery of the famous Sardinian small bronze representing a man playing the launeddas certifies the origin. In order to learn more about this ancient instrument that still fascinates generations with its hypnotic sound, I went to San Vito (CA) to meet one of the most talented and popular launeddas living players: the great Luigi Lai.
Thanks to him this tradition is still alive. When he returned to Sardinia from a long emigration period in Switzerland, he began to reintroduce the instrument that disappeared during the holidays. "I recommended it instead of the accordion that had taken its place, but people gave me the cold sholders and they even didn’t give me advice, then I started to propose the launeddas on my own initiative, and so people began to realize that it was worth to listen to this instrument and to take it into account. " Nowadays Luigi travels all around the most prestigious theaters and festivals in the world collaborating with internationally renowned artists from the most different musical trainings (Angelo Branduardi, Paolo Fresu ...). Among his many students he says there is certainly someone who will inherit the responsibility to continue the tradition: "The launeddas are an instrument that steals your life, only dedicating much of your time you can reach good levels. Today there are people who think to become launeddas players after a few lessons, just because they can manage to play a song, but in reality they are just destroying a tradition. If my students want to stay with me, they must do what I tell them to do and trust me, only then they can become real players, with great dedication and sacrifice.”
I know that once this instrument was used at the parties for people to dance, as it was for the Tenor in the area of Nuoro and I ask Luigi what is left today of this custom. To this question the master loses his gaze towards the sea, which can be seen from his house in Portocorallo (where I was invited for lunch during another meeting) and his face puts on a nostalgic expression. "Once there was nothing, there was no television and the player was the theater. He had an important role in the society because he made people dancing during parties and the dance was the only opportunity to get closer to a girl. The campidanese dance was very complicated, and everyone could interprete it wisely and with respect towards tradition. Today, unfortunately, it seems that the Sardinian dance, in all its styles, is often relegated to just folk phenomena and that during the time it has been so schematized to become acrobatic and "spectacular" certainly suitable to be performed in front of an audience or a group of tourists, but emptied of its true sense of ritual celebration and of "introspective sharing." (This is a leitmotiv that I've experienced in many areas of Italy: from my experience during these months of research in Italy I found that often the traditional dance unlike music seems no longer part of a present and spontaneous social shared expression, but it is comparable to an museum piece exhumed and schematized following supposable remote techniques, but at the same time adapted to the present days with purely performative show oriented techniques).
The launeddas continue to be played in processions, such as San Vito one, which I had the opportunity to follow during my stay in Sardinia. Rocco Melis and Sandro Frau told me the stories about this festival. They are two former students of Luigi Lai who participated to San Remo Festival with their group "Isola Song”showing to the public sound integrations of tradition and pop music. They also think that the dance has lost its importance, in fact the tradition would require,after the procession, everybody meet outside the church to dance, but the times are changing ... the important thing is that launeddas remain!
Thanks to: Luigi Lai Maistu, his wife, Vittorio, Tatiana and the little Riccardo (the future launeddas heir of his grand father Luigi), Rocco Melis, Sandro Frau, Fabrizio Ledda, Isola Song.
Un encuentro imperdible fue el del Camino de la Música con uno de los simbolos clave de la cultura sarda: las launeddas. Un instrumento tan simple en su estructura cuanto complicado en su técnica de ejecución. Sus orígenes se pierden en el lejano periodo de los “nuraghi”; [1] la famosa estatuita de bronce sarda, que muestra un hombre que toca las launeddas certifica su proveniencia. Para conocer mejor este antiguo instrumento que aún hoy en día fascina a generaciones con su sonido hipnótico, fui a San Vito (CA) para encontrarme con uno de los más hábiles y conocidos músicos vivientes de launeddas: el grande Luigi Lai.
A él se debe el merito de haber “agarrado de los pelos” una tradición que hubiera caido y desaparecido. Cuando volvió a Cerdeña, después de un largo periodo de emigración en Suiza, empezó a proponer nuevamente el instrumento que ya había desaparecido en las fiestas. “Lo aconsejaba para usar en lugar del acordeón que lo había sustituido, pero la gente no me escuchaba y entonces empecé a hacer escuchar las launeddas por mi iniciativa propia. De esta forma empezaron a darse cuenta que el instrumento valía la pena de ser escuchado y tomado nuevamente en consideración”. Hoy Luigi viaja a los teatros y festivales más prestigiosos del mundo, colabora con artistas de fama internacional que provienen de las más diferentes ramas musicales (Angelo Branduardi, Paolo Fresu...) y entre sus varios alumnos dice que seguramente habrá algunos que heredarán la tarea de seguir con la tradición: "Las launeddas son un instrumento que te roba la vida, solamente dedicando gran parte de su tempo se pueden alcanzar buenos niveles. Hoy hay quienes piensan que uno puede ser un músico de launeddas después de pocas clases, solo porque puede hacer una pequeña melodía, pero en realidad está solamente destruyendo una tradición. Mis alumnos, si quieren continuar a estar conmigo, tienen que hacer lo que les digo y confiar en mí. Solamente así podrán convertirse en verdaderos músicos, con mucho trabajo y sacrificio.”
Sé que en el pasado este instrumento se utilizaba en las fiestas para hacer bailar a la gente, como lo eran los Tenores de la provincia de Nuoro y le pregunto a Luigi qué quedó de de esta tradición. Cuando le hago esta pregunta el maestro pierde su mirada hacia el mar, que se ve desde su casa dePortocorallo (en la que me invitó a almorzar durante un encuentro) y su cara adquiere una mirada nostálgica. "Antes no había nada, no había televisión y el músico era el teatro. Tenía un rol determinante en la sociedad, porque podía hacer bailar durante las fiestas y el baile era la única ocasión para acercarse a una chica. El baile de la zona campidanese era muy complicado y todos lo sabían interpretar con sabiduría, respetando la tradición.Hoy lamentablemente parece que el baile sardo en todos sus estilos está relegado a puros fenómenos folklóricos y en el tiempo sufrió esquematizaciones que lo convirtieron en un baile acrobático y “espectacular”, más apto para su exhibición en frente de una platea o de un grupo de turistas, pero vaciado de su verdadero significado de ritual de fiesta y de momento de “intercambio introspectivo”. (Este es un leitmotiv que estoy encontrando en muchas regiones de Italia: desde mi experiencia adquirida durante estos meses de investigación encontré que muchas veces el baile tradicional, a diferencia de la música, parece que no forma más parte de una expresión social compartida, actual y espontánea, sino más bien se acerca más a una pieza de museo sacada del olvido y esquematizada según presumibles y lejanas técnicas, pero al mismo tiempo readaptado a nuestros días, con técnicas puramente de performance, que buscan la espectacularidad).
Las launeddas siguen siendo tocadas de todas formas durante las procesiones, como la de San Vito, que pude ver durante mi permanencia en Cerdeña. Las personas que me contaron anécdotas de esta fiesta son Rocco Melis y Sandro Frau, dos ex alumnos de Luigi Lai, que tocaron también en el escenario del Festival de San Remo, con el grupo "Isola Song" mostrando al público integraciones sonoras entre la tradición y la música Pop.Ellos también piensan que el baile perdió su importancia. De hecho, la tradición requeriría que después de la procesión todas las personas se encuentran afuera de la iglesia para bailar, pero los tiempos cambian…sin embargo lo importante es que las launeddas sigan resistiendo!
Agradecimientos: Luigi Lai Maistu y su mujer, Vittorio, Tatiana y el pequeño Riccardo (futuro herede de las launeddas del abuelo Luigi), Rocco Melis, Sandro Frau, Fabrizio Ledda, Isola Song.
[1] Los nuraghi son torres de piedra de forma de tronco cónico que se remontan al segundo milenio antes de Cristo y ampliamente difundidos en todo el territorio de Cerdeña (N.d.T).
Huddling around the tenors in a circle is an emotion that few people can feel, but if you ever have the luck to meet "Populos Tenore Nugoresu" and you will be able to gently approach their art, surely they will allow you and then your voice (hoping to be able to sing in tune) will merge into a harmony that will make your soul vibrating. Only then you will understand the value of this tradition and the magic of the circle.
One evening this happened to me. I was invited by the " Populos Tenore Nugoresu " to document a "rehearsal" in which the four members of the group shared the singing experience with different friends who, in turn, got into the circle bringing special tone nuances or dancing following the rhythm of the choir.
Bobore misu boche ( half voice) of the group, told me the peculiarity of this art, among the most representative of Sardinia, during the collection of organic apricots for his market.
We could be talking and writing for decades on this type of song "whose origins are likely lost among the stones of the nuraghi" [1], but they are proud to say that this singing custom is more alive than ever. A young blood growing number huddle round educating the vocal cords to emit the typical guttural sound and the mind to interpret texts with an high poetic content.
The feature that makes the tenor song always up-to-date is its informative function. Before the media arrival the tenor had the task to inform people because they could tell the events of the village in a socially acceptable way and shared by everybody.
This function has not totally disappeared even if the majority of the groups prefer to use “repertoire” songs. However any text suitable to be interpreted in "tenor” can get a typical Sardinian taste, even songs or poetic texts belonging to the modern and international repertoire, as for example the verses written by French poet Paul Eluard reinterpreted by " Populos Tenore Nugoresu". They are inspired by ideals of liberty and fraternity, universal issues that unfortunately still needto be encouraged by the convincing tenor singing.
The song you can listen here after is an original " Populos Tenore Nugoresu " interpretation of the poetic text“Libertade” written by Paul Eluard. The song includes the“canto a sa seria” and “ballu tundu”: this second part, easily decipherable by a sudden change of time, is necessary to accompany the dance done in circle, the "round dance". The first part is freer of rhythmic patterns and characterized by the personal interpretation of the lead singer. The text is translated in Sardinian.
Estar alredor del circulo de tenores es una emoción que pocos pueden sentir, pero si tendrán la suerte de encontrar los “Populos Tenore Nugoresu” y sabrán acercarse con delicadez a su arte, seguramente se lo permitirán y su voz (esperando que sea afinada) podrá mezclarse en una harmonía que les hará vibrar el alma. Solo de esta forma entenderán el valor de esta tradición y la magia del circulo.
Esto pasó a mí, cuando una noche los “Populos Tenore Nugoresu” me invitaron a documentar un ensayo en el que los cuatro miembros del grupo compartían la experiencia del canto con varios amigos, que, a turno, entraban en el circulo aportando con timbres de matices especiales o siguiendo el coro a paso de baile.
La persona que me cuenta las particularidades de este arte, uno de los más representativos de Cerdeña es Bobore, misu boche (media voz) del grupo, durante la cosecha de duraznos orgánicos para su mercado.
Habría mucho que hablar y escribir por muchos años sobre este tipo de canto “cuyas orígenes se pierden entre las piedras de los nuraghi [1]; pero la cosa que a los tenores actuales importa más es dar a conocer esta tradición y demostrar que está más viva que nunca; nuevos adeptos, siempre más numerosos se juntan al circulo, educando las cuerdas vocales para emitir el tipico sonido gutural y la mente a interpretar textos con alto contenido poético.
La característica que hace del canto de tenor sempre actual es seguramente su función informativa. Antes de la llegada de los medios de comunicación masivos, la tarea de los tenores era de contar los acontecimientos del pueblo de una forma socialmente aceptable y compartida por todos.
Esta función no desapareció del todo y parece que la mayor parte de los grupos prefiere utilizar piezas “de repertorio”; sin embargo, es suficiente que un texto cualquiera se preste a ser interpretado en “tenore”, que canciones y textos poéticos del repertorio moderno e internacional puedan adquirir un sabor típicamente sardo. Es el caso por ejemplo de los versos escritos por el poeta francés Paul Eluard y reinterpretados por los “Populos Tenore Nugoresu”, inspirados por ideales de libertad y fraternidad, temas universales que en esta época lamentablmente tienen que ser seguir siendo fortalecidos por el canto convencedor de los tenores.
El tema aquí abajo es la interpretación original de “Populos Tenore Nugoresu”, del texto poético “Libertade” escrito por Paul Eluard. El tema comprende el “canto a sa seria” y su “ballu tundu”: esta segunda parte facilmente reconocible por un improvviso cambio del tempo y sirve para acompañar el baile hecho en circulo, “Ballo tondo” (Baile circular). La primera parte es en vez más libre de esquemas ritmicos y caracterizada por la interpretación personal del solista. El texto está traducido al sardo. . El tema comprende el “” y su “”: esta segunda parte facilmente reconocible por un improvviso cambio del tempo y sirve para acompañar el baile hecho en circulo, “Ballo tondo” (Baile circular). La primera parte es en vez más libre de esquemas ritmicos y caracterizada por la interpretación personal del solista. El texto está traducido al sardo.
Napoli, Gragnano: la vista da quassù mi ricorda Rio de Janeiro: mare, città, montagna in sequenza rapida e spettacolare! Invece è il Golfo di Napoli e da qui si scorgono Ischia, Procida, Sorrento e il Vesuvio. Mi trovo nel laboratorio di due tammorrari tra i più conosciuti e temuti dei monti Lattari e della Campania in generale: Raffaele Inserra e Catello Gargiulo. L’atmosfera è quella di un far west con cactus, teschi di vacca, palafitte in legno; in realtà questo spazio così suggestivo è un centro ricreativo per ragazzi con problematiche sociali che qui possono essere educati attraverso l’assorbimento della linfa culturale di questa zona: la terra, i suoi prodotti e la tammurriata. I ragazzi qui imparano a costruire e suonare la tammorra, coltivare la terra con prodotti tipici ed allevare bestie di vario genere. Questo il progetto sociale dei due musicisti napoletani riuniti nell’associazione culturale “Incanti”. VERSIÓN EN ESPAÑOL - ENGLISH VERSION
L’impatto sonoro che segue il canto a'Fronna' o più esattamente la 'fronn' 'e limone' (fronda di limone), alimentato dalla visione suggestiva che si presentava ai miei occhi è stato devastante. La vibrazione reiterata del tamburo rende sorprendente questa forma di canto accompagnato: ipnotico e trascinante.
Non si avverte la necessità di altri supporti sonori, anche se spesso organetti, putipù, tromba degli zingari (marranzano) e tricchebballacche arricchiscono la canzone, ma sono canto e tamburo i due elementi regnanti, indipendenti dal resto e indissolubilmente dipendenti l’uno dall’altro. Certo non tutti sono capaci di tali prodigi, anche se a detta di Raffaele e Catello ultimamente di suonatori di tammorra ce ne sono un po’ dappertutto, e battere su di un tamburo cantando qualche verso potrebbe sembrare facile, certi impatti però si raggiungono solo con moltissimi anni di esperienza, soprattutto di conoscenza della tradizione attraverso l’osservazione delle generazioni precedenti e la condivisione con esse. Senza questi elementi, non si sta facendo Tammurriata, ma una cosa ex-novo, senza preciso significato, senza un’identità e molto dannosa per la vera tradizione.“Questa è una tradizione millenaria ma l’origine è sempre molto chiara” dice Catello “e quando senti cantare un anziano non è solo lui che canta ma è lui che canta con l’esperienza di tutti quelli che lo hanno preceduto e questo si riconosce nella ricchezza del suono nell’interpretazione… quando si crea qualcosa di nuovo senza rispettare il passato, tutto questo si perde”.
Vivere una tradizione significa saperne interpretare i suoni del passato e dare loro un significato coerente nel presente, per questo la borghesia nata sotto altri canoni rispetto alla società contadina, non potrà mai suonare la tradizione se non si prenderà la briga di conoscerne i codici che l’hanno creata.
Tutto ciò vale anche per il ballo della Tammurriata che oggi ha assunto forme e codici sicuramente differenti rispetto a quelli di un passato in cui non era socialmente accettato un contatto fisico “provocante” tra i danzatori. Oggi che questi tabu sono ovviamente scomparsi, il rischio è ancora una volta quello di creare una forma di danza nuova, isterilito della “purezza” del passato. Solo con sapienza e rispetto si potrà adattare un movimento principalmente legato a tradizionali codici rurali ad una moderna dimensione sociale che ammette nuovi comportamenti, senza volgarizzarne il valore.
Lo sanno bene Raffaella Coppola e Maurizio Graziano Pollicino, i ballerini che ho incontrato nei giorni passati in Campania (vedi foto sotto e video).Raffaella mi racconta che un'anziana ballerina del paese durante una festa l'ha proclamata sua degna erede.
Per cui se vi capita di passare per queste zone e avrete l’opportunità di assistere ad una ricorrenza paesana dove si balla e si suona fino a notte tarda, godetevi pure la festa e fatevi trascinare dall’energia della tammurriata e dall’ospitalità dei suonatori, danzatori, cantatori, ma sforzatevi anche di capire chi fra loro stia valorizzando una tradizione o semplicemente sfogando alcune repressioni personali attraverso l’imitazione di qualcosa che non gli appartiene affatto. Non serve essere esperti di etnomusicologia o napoletani… questa sensazione si percepisce nettamente e arriva dritta al cuore, non è spiegabile a parole, sta semplicemente nella vibrazione del tamburo che si accorda alla voce e si traduce in movimento.
testo: Andrea Zuin - sottotitoli in inglese: Anna Finotti
Ringraziamenti: Raffaele Inserra, Catello Gargiulo, Raffaella Coppola, Maurizio Graziano Pollicino, Pietro Pisano, Marco Limato, Zi’ Giannino, Zi’ Rocco, Peppino di Febbraio, la moglie di Raffaele, Iram, Fabrizio, Zeus, Dario Mogavero, Marilù Poledro, Alessandra Dell’aglio, Enzo, Domenico, Carmine Carbone e la famiglia, Giovanni Vacca
Grande notte di festa quella di sabato a Penna Sant'Andrea (TE) organizzata dal Comune del paese. Dal tramonto all'alba vari gruppi provenienti da tutta italia e una chicca dalla Spagna hanno animato la piazza del paese abruzzese.
Centro e motore della festa il Bar di Augusto Fabri, che ringrazio per l'aiuto e l'immensa generosità.
Il Cammino della Musica reduce da un video show a Penna ne approfitta per vivere la folle notte di musica. Qui sotto una pillola.