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Reportage BRASILE: Veneti in Brasile - AUDIO e VIDEO ita-eng-spa

Arrivo a Bento Gonçalves di notte. Piove. Il contatto che ho non risponde al telefono. Che faccio? Vado in un hotel e chiedo una stanza. Tutto occupato, tranne una specie di topaia nel sotterraneo... la prendo. Mi ricordo che a Santo Ãngelo, avevo chiamato la radio di Bento Gonçalves e mi aveva risposto, per sorte, un tal Isidoro, parroco della diocesi di Santo Antonio, e con lui avevo scambiato qualche battuta, in dialetto veneto. Chiedo al portiere dell’hotel se lo conosce. Mi risponde che nel Paese tutti conoscono Padre Isidoro e mi dice dove trovarlo. Mi presento a casa sua. Padre Isidoro è una persona con un’energia, una vitalità ed un entusiasmo tali, che nei giorni a seguire mi è più volte passato per la testa di farmi prete. Il giorno dopo grazie a lui, sono ospite nel migliore Hotel, situato nel centro della città, e ho una lista di persone da incontrare e molte cose da fare.

Qui a Bento, l'accoglienza è stata tra le più calorose. L'arrivo di un Italiano rappresenta per la gente del posto un'opportunità per raccontare la propria storia di migrante e discendente, e per dimostrare l'affetto conservato per il loro Paese lontano. Tutti ci tengono a farmi conoscere le loro origini e a raccontarmi le storie dei nonni o dei genitori emigrati dall’Italia. Bento Gonçalves è una città di 80.000 abitanti, situata nella parte est della regione di Rio Grando do Sul nel sud del Brasile. Nulla ha a che fare con i paesaggi che siamo abituati a vedere del Brasile, qui siamo nella Serra Gaúcha, paesaggio collinare, simile ad un paese delle mie parti che si chiama Valdobbiadene. La somiglianza con questo luogo è marcata anche da un altro dettaglio: Bento Gonçalves è la capitale del vino. ENGLISH VERSION - VERSIÓN EN ESPAÑOL

Appena fuori dal centro, distese di vigneti delle qualità più comuni delle mie parti. Inoltre, qui parlano tutti il dialetto veneto. Bento è una città costruita a partire dal 1875 dalle prime colonie di emigranti veneti che, quando sono arrivati qui (non trovando anima viva) hanno continuato a parlare il loro dialetto e così l´idioma si è tramandato e mantenuto nel tempo. Ho fatto 15 mila km di strada per trovarmi di nuovo a casa!

La mappa della città parla chiaro, qui siamo in Italia: la Via del vino, Posada Casa Mia, Hotel Imigrantes, Primavera, pasta, pizza... A Radio Viva e a Radio Bento si ascolta solo vecchia musica italiana. Mi aspettano per un'intervista. Dico che non parlo il portoghese. Poco male! Qui si parla in dialetto, un dialetto stretto e arcaico, con parole divertentissime tipo "cusita, catár, mistieri". Partecipo così, assieme ad alcuni produttori di vino, ad un programma di enogastronomia, con tanto di bottiglie e bicchieri sul banco della radio.
I giorni a seguire saranno tutti all'insegna di feste in stile italiano veneto, caratterizzate da una colonna sonora eseguita rigorosamente dal vivo, tipicamente italiana. Il pezzo più gettonato è l'Inno dei migranti: Merica Merica Merica.

Incontro Elena del Coral Terra Nostra. Un vero turbine di parole. Suo marito Nelson è il direttore del coro, mi invitano per un churrasco. Sulle pareti della loro casa sono appesi molti riferimenti italiani: targhe assegnate al coro da personalità politiche italiane, l'atto di matrimonio del nonno emigrato, lettere degli emigranti, mappe d'Italia. Dopo pranzo Elena e Nelson mi invitano a partecipare ad un'esibizione del coro nella "A Maria Fumaça", un treno del 1908 con la locomotiva a vapore che fa un percorso turistico molto suggestivo. Durante il viaggio, si esibiscono i vari Gruppi folkloristici italiani e gaúchos. Poi i turisti scendono e sul treno rimaniamo solo io e gli artisti; così il Coral Terra Nostra si esibisce per me, cantando canzoni venete che non sentivo da molto tempo, altre, che mai avevo sentito in vita mia..

Il direttore dell'albergo "VinoCap" Tarcisio Michelon mi ha invitato un giorno a visitare i dintorni di Bento Gonçalves per farmi un'idea di come i nostri primi emigrati si sono organizzati e quali difficoltà hanno dovuto affrontare una volta arrivati, carichi di speranza, in terra brasiliana. Il "Caminhos de pedra" è oggi un progetto turistico rurale culturale che ha l'obiettivo di preservare le tradizioni eno-gastronomiche, l'architettura ed il ricordo dei nostri primi emigrati.

Nestor José Foresti mi ha accompagnato in questo percorso. Man mano che si prosegue nel cammino si ha l'occasione di ammirare e visitare le case costruite con le pietre che gli emigrati dovevano togliere dal terreno per poterlo coltivare. Sono veramente graziose, e costruite interamente a mano con un'abilità che ha dell'incredibile. Oppure ci sono case costruite con le tavole di legno nobile di un particolare pino che cresce da queste parti. Nestor mi racconta che i migranti venivano attirati qui con l'illusione di incontrare immensi campi fertili e la ricchezza, quando all'arrivo si scontravano con una cruda realtà: il terreno c'era, ma prima di coltivarlo bisognava disboscarlo. Facendo una "passeggiata" per raggiungere le cascate di Bento, ci siamo dovuti far strada tra una vegetazione fitta e intricata. Questo lo scenario che si presentava agli occhi di chi aveva mollato tutta una vita per arrivare fin qui. Oltre a tutto questo verde non c'era niente altro; gli immigrati venivano abbandonati a se stessi, senza assistenza sanitaria, senza istruzione, senza una casa. Dovevano fare tutto da soli, cercando di sopravvivere ai mille pericoli di questa selva. Osservando il paesaggio attuale mi rendo conto di quanto lavoro sia stato fatto e di cosa sia capace la mano dell´uomo. Nestor mi racconta altri aneddoti inquietanti che hanno a che fare con il "mercato dell'emigrazione.

A Bento Gonçalves vive, in forma e piena di spirito, Anna Tedesco Varian, classe 1910, arrivata qui in Brasile, a Porto Alegre, nel 1927 direttamente da Solagna di Bassano del Grappa: sembra sia l'unica nativa italiana di Bento. Anna nella mattinata lavora in una casa di cura per anziani ammalati, nel pomeriggio in un Centro di raccolta materiale per poveri, del quale è presidente. Vive sola e guida un magnifico maggiolone arancione del '73!! Anna mi racconta la sua storia di emigrante: il fascismo in Italia, il dopo guerra e la miseria italiana, la scelta, il lungo viaggio in mare sulla nave "Giulio Cesare" assieme ad altri 2400 emigranti, l'arrivo di notte a Rio de Janeiro e le prime emozioni e perplessità: «Con tutte queste luci devono pur esserci anche dei bianchi». Il trasporto a Porto Alegre durato 7 giorni nella stiva di una nave in mezzo alle banane, poi la scelta nel 1937 di trasferirsi a Bento Goçalves «E' stata una grande emozione arrivare a Bento ed incontrare nella mia immaginazione lì dove vivevo a Solagna». Anna parla italiano, sua mamma parlava il dialetto, ma lei ha sempre voluto parlare "l'italiano grammaticale". Mi canta una canzone in italiano, imparata a scuola in occasione dell’allestimento di un’operetta organizzata dalla maestra. Il libro dove è scritto il testo della canzone si intitola "La Scuola". È l'unica canzone italiana che ricorda. Aveva 12 anni. (MP3 sotto)

Ringraziamenti: all'amico Padre Isidoro, a tutto il centro parrocchiale di Santo Antonio, al direttore dell'albergo VinoCap Tarcisio Michelon, a Radio Viva, Radio Bento e Radio Conegliano, Nestor José Foresti, Coral Terra Nostra in particolare a Elena e Nelson Franceschini, Agenzia Giordani Turismo LTDA, Beto Valduga che canta una bella canzone vecchia italiana "Abassa la tua radio", a Remy Valduga, che mi ha regalato il suo libro "Sonho de um imigrante". A BENTO GONÇALVES TUTTA. (20070617)

sottotitoli a cura di: Barbara Di Fede

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